Il 2020 è l'anno più caldo di sempre Ora in Calabria si coltiva l'avocado

Con più di 2 gradi sopra la media, quest’anno ha conquistato il primato come il più bollente in oltre un secolo a livello europeo. Tra gli effetti catastrofici, la riduzione dei ghiacciai e il divampare di incendi

19 agosto 2020 | 10:30
Non bastava il coronavirus a fare del 2020 un anno fuori dal comune: i dati sul clima hanno decretato un altro triste primato per questo “annus horribilis”. Le temperature sono infatti le più alte mai registrate in Europa in oltre un secolo, con un’anomalia di addirittura 2,1 gradi rispetto alla media. Lo ha reso noto la Coldiretti sulla base delle elaborazioni del National Climatic Data Centre (Ncdc) sulla base dei dati raccolti nei primi sette mesi del 2020 e messi a confronto con le temperature degli ultimi 112 anni. A livello globale, invece, questo risulta il secondo anno più caldo di sempre, con una temperatura media sulla superficie terrestre e degli oceani superiore di 1,05 gradi rispetto alla media del XX secolo.



Anche in Italia si accentua la tendenza al surriscaldamento, con il 2020 che è stato fino ad ora di oltre un grado (+1,01) l’anno più caldo della media storica, al quarto posto dal 1800. Gli effetti si fanno sentire a livello globale e nazionale con una drastica riduzione dei ghiacciai e il divampare degli incendi favoriti dalle alte temperature. Il governatore della California ha dichiarato lo stato di emergenza a causa degli incendi che stanno dilaniando la California fra le elevate temperature e i forti venti mentre i ghiacciai in Groenlandia hanno subito una riduzione tanto importante che, anche in caso di interventi mirati contro il riscaldamento globale, la calotta glaciale continuerebbe a sciogliersi secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth and Environment.



Una tendenza ormai strutturale anche in Italia dove la classifica degli anni interi più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine anche il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2003.

Un processo che ha cambiato nel tempo la distribuzione delle coltivazioni e le loro caratteristiche con l’ulivo, tipicamente mediterraneo, che in Italia si è spostato a ridosso delle Alpi mentre in Sicilia ed in Calabria sono arrivate le piante di banane, avocado e di altri frutti esotici made in Italy, mai viste prima lungo la Penisola. E il vino italiano con il caldo è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto alla tradizionale partenza di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti.

Il riscaldamento provoca poi il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto mette a rischio il patrimonio di prodotti tipici made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.

Si registra peraltro un’evidente tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. Il ripetersi di eventi estremi è costato all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli.

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Alberto Lupini


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