Affitti brevi, per ora la ministra Santanchè delude hotel e sindaci

Il decreto legge proposto dalla ministra del Turismo non piace a Federalberghi e ai sindaci delle 14 città ad alta densità turistica interessate per i quali non c'è nessuna vera stretta su Airbnb e simili. Ad esultare, per ora, sono solo le associazioni di chi vive di locazioni turistiche multiple

31 maggio 2023 | 14:18

Ok, la promessa è stata sì mantenuta, ma il disegno di legge della ministra Daniela Santanché sugli affitti brevi, annunciato poche settimane fa all’assemblea di Federalberghi, a conti fatti sembra più un “compitino” mal riuscito e non veramente pensato. Tanto che ha lasciato perplessi non solo la maggior parte dei sindaci delle 14 città ad alta densità turistica (che chiedevano poteri speciali per regolamentare la proliferazione degli affitti brevi in città, un tetto massimo di giorni di affitto annui, dopo il quale fosse necessaria una licenza, e una “zonizzazione” delle città e che per altro non erano stati messi al corrente del ddl che sarebbe uscito dal Ministero), ma anche la stessa Federalberghi che alla vista del ddl ha detto senza mezzi termini di non poter nascondere la «delusione per il contenuto della proposta» incapace «di incidere concretamente sul problema della concorrenza sleale e dell’abusivismo che inquinano il mercato». Perché ok che stiamo parando di un disegno di legge, non di un decreto legge, ma il contenuto della bozza è piuttosto blando: semplicemente uniforma la normativa nazionale e introduce il “limite” che nelle piattaforme come AirBnB non si potrà alloggiare per meno di due notti, appunto, nelle 14 città metropolitane ad alta densità turistica, anzi nei centri storici di queste città (solo che parlando di città italiane definire il “centro storico” potrebbe aprire a lunghe discussioni). Limite che però non c’è per le famiglie composte da almeno un genitore e tre figli. Per il resto, il ddl si concentra sul definire cosa sia una locazione turistica, introdurre un codice identificativo nazionale e prevedere un simile obbligo per chi svolge “attività di locazione di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche” a livello imprenditoriale, con uno specifico codice Ateco. Insomma, il ddl fa felici, per ora, solo le associazioni di chi vive di locazioni turistiche multiple e AirBnB a cui probabilmente non cambia nulla: già oggi i locatori extralberghieri di rado accettano prenotazioni per una sola notte!

Federalberghi: Divieto di affitto per meno di due notti? Una presa in giro

In pratica, come detto fuori di denti da Federalberghi, un ddl sul quale c’è «molto da lavorare, se si vuole veramente giungere a una soluzione capace di incidere concretamente sul problema della concorrenza sleale e dell’abusivismo che inquinano il mercato. Per l’associazione delle imprese turistico ricettive, occorre anzitutto intervenire sul cosiddetto “minimum stay”. Considerato che la permanenza media negli esercizi ricettivi italiani è di 3,3 notti, affermare che il soggiorno nelle locazioni turistiche non può essere inferiore a due notti suona come una presa in giro, in quanto significa che la nuova normativa si applicherà solo su a una minima parte dei flussi turistici. Ad esempio, saranno esclusi tutti i soggiorni per vacanza, a partire dai week end, per di più solo in una minoranza di comuni».

Affitti brevi e ddl Santanché: la “sconfitta" dei sindaci

«Altrettanto importante - secondo Federalberghi - è il ruolo da conferire ai sindaci, ai quali dev’essere restituita la facoltà di governare il territorio. Grandi e piccoli centri sono invasi da una marea di alloggi, che si nascondono dietro la foglia di fico del contratto di locazione e operano sul mercato alberghiero senza rispettarne le norme. Se si vuole che la norma produca effetti, occorre poi prevedere un efficace sistema di controlli e di sanzioni, che di certo non si realizza immaginando che le multinazionali del web si lascino spaventare da una multa da tremila euro».

E proprio il non aver concesso più poteri ai sindaci è una grave pecca di questo ddl. Per Filippo Celata, ordinario di geografia economica a La Sapienza e studioso del fenomeno degli affitti turistici e del suo impatto sulle città, come riporta il Fatto quotidiano, era proprio nel dare «concessione ai Comuni di poter intervenire ulteriormente, come molti Comuni avevano chiesto» era la chiave. Anche perché tutto è partito da lì, «da quella richiesta, che rimane non solo insoddisfatta, ma di fatto preclusa. Almeno fino al prossimo governo, ai prossimi interminabili dibattiti ai quali seguirà, di nuovo, il nulla».

Le conseguenze degli affitti brevi su tutto il resto

Nel mentre, le città affogano, con variazioni dei prezzi degli affitti su base annuale del +10%, in continua crescita dopo la ripartenza post-pandemica (Venezia è la città più cara, a Milano in media si paga 180 euro a notte, a Roma 190 e Firenze 192). Se nel 2011 gli annunci extra-alberghieri non superavano le 20mila unità, nel 2023, come riporta il Corriere della Sera, sono saliti a 700mila, per un fatturato che si aggira sui 10-11 miliardi di euro. In questo mercato l’Italia è la terza piazza, dopo Stati Uniti e Francia. Ma le conseguenze degli affitti brevi nelle città turistiche stanno anche provocando l’aumento degli affitti tradizionali; hanno ridotto le abitazioni che sono affittate in maniera tradizionale e stanno spopolando i centri storici da residenti e studenti.

Per questo i sindaci di 13 città (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Parma, Bergamo, Lodi, Verona, Padova, Trieste e Rimini), supportati anche dalle associazioni degli alberghi, invocavano una legge nazionale che regolamenti il mercato. Da qui la delusione nel leggere il ddl della Santanchè.

Mentre in Europa i sindaci delle città turistiche stanno facendo in modo di limitare il numero di nuove locazioni turistiche non semplicemente di contarle mentre continuano a crescere…

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Alberto Lupini


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