Alto Adige, i cuochi ripartono Il turismo invece attende luglio

La provincia autonoma ha riaperto. I piccoli imprenditori hanno scelto di riaprire mentre i grandi marchi, no. Lo stellato Herbert Hintner racconta le difficoltà di gestione mentre il turismo rimanda tutto . Avrebbe riaperto il 50% dei ristoranti della provincia, ma alcuni sono strettamente legati al turismo, che per ora è assente

12 maggio 2020 | 13:11
di Federico Biffignandi
Forse non abbiamo più bisogno di guardare in Cina, o in Corea del Sud, ma ci basterà dare uno sguardo a cosa succede in Alto Adige per capire come sarà la Fase 2 “vera”, quella dove la vita sembra più vicina alla normalità e le attività riaprono ormai a pieno regime. Sì, perché nella Regione autonoma la ripartenza è avvenuta già lunedì 11 maggio, prima di tutti gli altri: i parrucchieri che hanno rialzato le saracinesche nonostante fosse il tradizionale giorno di chiusura e i ristoranti hanno riacceso i fornelli per servire ai tavoli.


Bar e ristoranti sono tornati a lavorare in Alto Adige

Stando alle parole del presidente della Confesercenti provinciale (che rappresenta 1.500 imprenditori associati), avrebbe riaperto circa il 50% delle attività. In un’intervista rilasciata a La Stampa ha spiegato che a restare chiusi sono i grandi marchi, mentre a riaprire senza pensarci due volte sono stati i piccoli imprenditori, più che mai bisognosi di liquidità immediata.

La ciliegina sulla torta che tutti si aspettano di poter posizionare sull’economia, sul benessere, sulla struttura sociale della provincia è ora la riapertura del turismo. La data della ripartenza sembra essere quella del 25 maggio, giorno in cui gli hotel potranno tornare ad aprire. Un settore cruciale, soprattutto con l’avvicinarsi della bella stagione, visto che il turismo rappresenta il 17% del Pil provinciale e occupa 38mila persone.


Il 50% delle attività ha riaperto subito

Eppure in Alto Adige non c’è tutta questa smania di riaprire. Un po’ per le tendenze tradizionali, un po’ per il fatto di essere in montagna, un po’ per un’impossibilità ancora a muoversi tra regioni o ancor peggio tra Stati, gli albergatori pensano che la reale ripartenza avverrà nel corso della prima settimana di luglio.

In Alta Badia, una delle zone più calde, si naviga a vista: «Siamo in attesa - ha spiegato il direttore del Consorzio turistico Roberto Huber - vorremmo ancora capire come e quando potremo davvero ripartire. Per tradizione la stagione estiva da noi parte il 13 giugno, ma quest’anno posticiperemo a inizio luglio se la situazione covid di stabilizzerà. A quel punto il 100% delle nostre attività ricettive e della ristorazione torneranno a funzionare, compresi gli impianti di risalita. Di certo dovremo rimodulare la nostra offerta turistica perché i numerosi eventi e attività - molte delle quali legate alla gastronomia - che di solito organizziamo non saranno attuabili quest’anno. Alcuni sono proprio annullati, altri verranno ridimensionati. Come stanno procedendo le prenotazioni? In realtà non stanno arrivando molte disdette, poche sono anche le prenotazioni chiaramente; la principale attività del momento è informare i turisti che ci chiamano frequentemente per avere maggiori informazioni».


Scorcio di Alta Badia

Sulla stessa lunghezza d’onda Stefan Wieser, del Ciasa Salares di San Cassiano (Bz): «Credo che riapriremo l’albergo nella settimana tra il 27 giugno e il 3 luglio - ha detto - considerando che maggio per noi non è mai stato un mese forte e che vorremmo prenderci un po’ di margine di tempo per ripartire in sicurezza e maggiormente consapevoli di cosa accadrà. Certo è che vorremmo sapere dall’Inail qualcosa in più per capire in quale direzione andare e soprattutto che tipo di precauzioni prendere nello specifico. A livello di prenotazioni qualcosa sta arrivando, gli inglesi sembrano i più fiduciosi». Dalla struttura alberghiera dipendono anche alcuni ristoranti: «Stiamo valutando di far ripartire il Cocun una settimana prima rispetto all’albergo - spiega Wieser - perché abbiamo molta clientela del posto e potrebbe funzionare».


Il Ciasa Salares

A proposito di ristoranti, ha colto subito l’occasione per riaprire subito Herbert Hintner del ristorante Zur-Rose di San Michele Appiano (Bz) (una stella Michelin): «Abbiamo aperto lunedì - dice - anche se qualcuno tra i colleghi è rimasto chiuso per valutare la situazione. Abbiamo dovuto adattarci e non è stato facile: per via del distanziamento abbiamo ridotto i tavoli da 10 a 15 il che vuol dire ridurre la potenziale clientela da 40-45 persone e una ventina. Abbiamo provato un certo imbarazzo nel dover chiedere il grado di parentela ai clienti al momento della prenotazione per capire come posizionarli ai tavoli, serve anche molta fiducia perché non possiamo certo chiedere i documenti per sapere se dicono il vero».



«Tuttavia - aggiunge - la risposta è stata buona perché il giorno della riapertura abbiamo avuto 12 persone, oggi una decina e abbiamo già richieste anche per il fine settimana. Sempre a livello di sicurezza abbiamo tre postazioni con gel igienizzanti, mascherine (costose) a tutto il personale, igienizzazione ogni volta che si sparecchia. Siamo ripartiti, ma con calma anche a livello di personale: in cucina siamo in tre e in sala in due, non possiamo rischiare di sostenere costi elevati ora nonostante la nostra sia un’attività solida che lavora da 38 anni».

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Alberto Lupini


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