Il Belpaese delle contraddizioni Il turismo tra successi e autogol
07 agosto 2017 | 12:37
di Gabriele Ancona
Belli, infantili e capricciosi, il primo di agosto abbiamo messo i bastoni tra le ruote a chi ha avuto la disdetta di frequentare gli aeroporti di Linate e Malpensa. Con un artificio tutto italiano, degno della miglior tradizione forense, gli Azzeccagarbugli addetti ai bagagli hanno prolungato, trascinato, le assemblee. Ci si chiede se indette ad arte per quella data. Non si è trattato di uno sciopero, ma di un’odiosa furbizia. Hanno mandato in bestia tutti, in partenza, transito e arrivo, causando ritardi a catena e una spirale di disagi immaginabile. Poi, con comodo, la situazione si è normalizzata. Questo mentre la stagione estiva sta confermando le proiezioni favorevoli sull’andamento dei flussi turistici.
La Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, ha annunciato che l’89% dei ristoranti e il 72% dei bar è operativo nel corso di questo mese bollente. Dati impensabili nei grandi agglomerati urbani solo fino a pochi anni fa, quando i quotidiani pubblicavano con puntualità gli elenchi degli esercizi aperti suddivisi per merceologia. Concrete mappe di sopravvivenza, degne delle prime sequenze de “Il sorpasso” (Dino Risi, 1962), quando in una Roma dalla densità sahariana Vittorio Gassman ingaggia Jean-Louis Trintignant per il celebre tour sulla via Aurelia. A 55 anni di distanza, il loro viaggio sembra aver attraversato i secoli.
L’Italia si è trasformata, è un altro mondo, dove un hotel di Cervia (Ra) rispedisce al mittente la candidatura di un giovane cameriere milanese di origine brasiliana, stagione giugno-settembre, dopo che si scopre che la sua carnagione non è bianca. A detta del proprietario della struttura alberghiera, la clientela romagnola è di mentalità arretrata e non abituata a essere servita da chi ha la pelle scura. Autogol da antologia.
Uno a caso, milioni in arrivo risalendo la dorsale adriatica. Troppi, secondo il New York Times, ripreso dal britannico Guardian, che denuncia il fatto che Venezia si stia trasformando in un “turistificio”, una Disneyland del mare. Residenti stremati da 20 milioni di check in-out all’anno, colossi da crociera alla fonda visibili da Padova, ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo in allarme, pubblici esercizi sotto stress per la mole di lavoro e quattro spacconi in libera uscita che si tuffano nel Canal Grande. Fermo immagine di un’Italia sotto il sole d’agosto. Aperta parentesi: Venezia è la Serenissima, Disneyland e Las Vegas sono altro. Chiusa parentesi.
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Alberto Lupini