Buoni pasto fuori dal reddito. No a ritenute per gli smart worker

L'Agenzia delle Entrate è intervenuta per chiarire una problematica nata in seno all'epidemia: i buoni pasto di un dipendente che lavora da remoto sono passibili di ritenuta Irpef?

23 febbraio 2021 | 17:28
I buoni pasto dei dipendenti in smart working non rientrano nel reddito di lavoro dipendente. Ad affermarlo è un intervento dell’Agenzia delle Entrate che ha risposto a uno dei nuovi quesiti nati in seno all’emergenza sanitaria che ha costretto molte aziende al ricorso al telelavoro.

I buoni pasto non concorrono al reddito del dipendente in smart working

La decisione
Detto diversamente, secondo le Entrate, la modalità di lavoro agile non influisce sull’esenzione fiscale prevista per i buoni pasto. Il datore di lavoro, quindi, non dovrà operare alcuna ritenuta a titolo di acconto Irpef sul valore del buono pasto fornito al dipendente.

Nella risposta dell’Agenzia si legge che non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente «le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive della somministrazione fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro; le indennità sostitutive della somministrazione di vitto corrisposte agli addetti edili e di tutte quelle attività in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro».

Le motivazioni
Il ragionamento che sta dietro a questa decisione è quello di detassare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità del datore di lavoro di provvedere alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto. A livello fiscale, viene così applicato il regime di parziale imponibilità, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.

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Alberto Lupini


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