Caffè, piadina e alcolici più cari Aumenti al bar dei parlamentari

È il secondo rincaro in 3 anni e qualcuno pare che non l’abbia preso affatto bene. Un euro per un caffè, come in qualsiasi altro bar, 3,85 euro per la classica piadina. Sono i nuovi prezzi della buvette di Montecitorio

14 gennaio 2019 | 11:16
Le tariffe sono state ritoccate all’insù con la ripresa dei lavori del Parlamento, dopo le festività natalizie. Il rincaro è in media di circa il 10%: dieci centesimi in più per una tazzina di caffè, cinque per una bottiglietta d’acqua (portato da 50 a 55 centesimi), venti per una coppetta di frutta, che ora costa 2,20 euro.



La “stangata” riguarda anche aperitivi, fritti e pizzette: i cocktail alcolici sono arrivati a toccare i 4,95 euro, un bicchiere di prosecco (con annesse patatine, noccioline e snack), costa 4,40 euro e una spremuta 2,75 euro. Insomma, prezzi più “popolari”, che si avvicinano ormai a quelli degli altri locali presenti fuori dal Palazzo, anche se un trancio di pizza rossa costa appena 1,10 euro. Il motivo dei rincari sta nel cambio della società che ha preso in appalto il servizio di ristorazione, oggi gestito dalla cooperativa Cir Food. «La Camera dei deputati - ha detto all'Adnkronos il direttore della Comunicazione, Daniela Fabbi - ha introdotto per la prima volta nel bando i criteri ambientali minimi, chiedendo l'applicazione dei cosiddetti 'Cam'. Questo comporta la scelta di categorie merceologiche di maggiore qualità dei prodotti a cui corrisponde un leggero adeguamento dei prezzi». Insomma, si spende di più perché i prodotti offerti sono migliori (e, dunque, costano di più).

Soddisfazione per l’avvicendamento della società di gestione del servizio è stata espressa dal deputato grillino Federico D’Incà, che ha commentato: “Iniziamo l'anno con il piede giusto. Nel nuovo appalto la Camera dei deputati non paga più il canone annuale di gestione per la buvette. Complessivamente l'amministrazione e quindi i cittadini risparmiano euro 189mila sul totale dell'appalto per la ristorazione interna».

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Alberto Lupini


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