Il cibo infetto fa 420mila morti In Italia più di un allarme al giorno

Quasi un cittadino su 10, nel mondo, si ammala ogni anno dopo aver mangiato del cibo contaminato da virus o batteri. Il dato è stato diffuso dalla Fao in occasione della Prima Giornata Mondiale del Cibo sicuro istituita dall’Onu, che si celebra oggi, 7 giugno, in tutto il mondo. In Italia nel 2018 si sono registrati 399 casi di cibo contaminato

07 giugno 2019 | 10:52
L’obiettivo è chiaro ed è quello di richiamare le nazioni a produrre sforzi sempre maggiori per garantire che il cibo che arriva sulle nostre tavole sia davvero sano. «Non ci può essere sicurezza alimentare - ha osservato il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva - senza salubrità alimentare».

Oggi il mondo celebra la Giornata del Cibo sicuro

Per la Fao, a morire nel mondo dopo aver mangiato cibo contaminato sono 420mila persone all’anno. «Il cibo non sicuro - spiega l’organizzazione in una nota - ostacola inoltre lo sviluppo in molte economie a basso e medio reddito, che perdono circa 95 miliardi di dollari in produttività in seguito a malattie, disabilità e morte prematura dei lavoratori».

In Italia nel 2018 è scoppiato più di un allarme alimentare al giorno, per un totale di 399 notifiche inviate all’Unione Europea durante l’anno. Di queste, solo 70 (il 17%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale, 194 provenivano da altri Stati dell’Unione Europea (49%) e 135 da Paesi extracomunitari (34%).

 «I maggiori pericoli sono arrivati - precisa la Coldiretti - da ben 44 casi di presenza negli alimenti di aflatossine cancerogene oltre i limiti che hanno riguardato soprattutto nocciole dalla Turchia e dall’Azerbaijan e le arachidi dall’Egitto, ma anche la contaminazione da salmonella (44), rinvenuta tra l’altro nel pollo dalla Polonia, e da 35 casi di contenuto eccessivo di mercurio principalmente nel pesce dalla Spagna. Preoccupanti - continua la Coldiretti - sono anche le 32 segnalazioni per la presenza di parassiti Anisakis nel pesce e le 29 contaminazioni per il batterio escherichia Coli in carne, cozze e formaggi soprattutto importati dall’estero».

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Alberto Lupini


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