Concessioni balneari, parla Briatore: «Gli affitti andrebbero triplicati»

Quando parla, fa sempre discutere. Perché è un imprenditore che sa il fatto suo, perché gli piace provocare, perché difende “il lusso” in un periodo di stenti e perché Flavio Briatore si occupa spesso di turismo

16 marzo 2019 | 09:51
di Alessandro Venturini
Un settore caldo in Italia che potrebbe fungere da motore propulsore per l’economia di casa nostra e che invece viaggia “in folle”, sospinto solo dal vento delle attrazioni naturalistiche e culturali, ma non da una struttura solida di accoglienza.


Flavio Briatore

E Flavio Briatore è tornato a parlare in tempi di discussioni sulle concessioni balneari. Lo ha fatto in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera a firma Gian Antonio Stella in cui propone alcune soluzioni e detta quella che sarebbe la sua linea.
«Gli affitti delle concessioni balneari andrebbero rivisti tutti. E almeno triplicati». Esordisce così il padre del Billionaire in Sardegna, del Twiga a Marina di Pietrasanta e altri poli turistici esclusivi in giro per il mondo. Poi spiega la sua esperienza: «Parlo anche per me: per il Twiga, di concessione, dovrei pagare circa 100mila euro. Quando abbiamo preso quel posto, una quindicina di anni fa, non andava. Abbandonato a se stesso. Mi pare che avesse una ventina di dipendenti stagionali. Non c’era neanche più il “Bagno”.

E ai tempi, testimonia, funzionava in modo molto particolare: «All’inizio dovevamo dare al vecchio concessionario 110mila euro più i 4.322 che lui pagava di canone allo Stato. Poi il nostro affitto è raddoppiato a 200mila euro più i soldi della concessione, saliti a 14mila, da pagare sempre al posto suo. Totale 214mila l’anno. Senza che il titolare facesse niente. Ovvio che, dovendo salvaguardare gli investimenti che avevamo fatto, l’anno scorso abbiamo deciso di comprare tutto: concessione e strutture».

Poi, Briatore rispolvera il suo “credo” per cui lusso genera lusso e investimenti generano guadagni: «Abbiamo investito cinque milioni di euro, sul Twiga - dice - moltiplicando per otto volte i dipendenti, passati da una ventina a 160. Facendolo diventare un posto conosciuto in tutto il mondo. Un punto di attrazione per Marina di Pietrasanta, Forte dei Marmi, tutta la Versilia. Il Twiga non porta solo soldi a noi. Chi viene da noi la sera esce, va al ristorante, spende in giro. Siamo il punto di riferimento per una certa clientela».

«Ce ne vorrebbero di più di Twiga, in Italia - prosegue - piuttosto che le tende piantate nei giardini. Vanno bene anche i campeggi, per carità. Ma ci vuole di più. Noi lavoriamo bene. Offriamo qualità. Eccellenze. Ora partiamo anche con “Sumosan” che è un marchio nostro di sushi già introdotto a Londra e a Montecarlo. Dobbiamo attirare in Italia il turismo che porta soldi sul territorio».

Quindi, entra nel merito delle concessioni: «Lo Stato dovrebbe rivederle tutte. E almeno triplicare le tariffe. Credo che centomila sarebbe un prezzo giusto. Io credo che se lo Stato mettesse due omini a controllare le metrature degli stabilimenti balneari e facesse un prezzo equo incasserebbe molti, molti soldi. Mi pare che in tutta la Versilia lo Stato prendesse milione e seicentomila euro. Più o meno. Facciamo anche due milioni. Io credo che potrebbero diventare quindici milioni».

Secondo Briatore, le cose funzionerebbero meglio in Costa Azzurra: «Lì siamo è tutta un’altra storia. Praticamente lo Stato ha revocato a sé tutte le licenze (tutte), ne ha emanate di nuove e le ha messe all’asta: chi ha lavorato bene può riaverla, pagando un canone adeguato ai prezzi di oggi. Chi ha lavorato male no, chi campava di rendita ciao: non gli hanno dato niente. Non so se mi spiego: ho dovuto tirare fuori, in Versilia, quasi quattro milioni per avere quella concessione».

Tornando in Italia e rispondendo alla domanda di Stella, che gli sottopone l’idea di Centinaio, il quale avrebbe dato una proroga di trent’anni, Briatore dice; «Se fossi io al governo lo farei subito, l’adeguamento. E sarebbe giusto. Capisco che a far subito le aste, con tante famiglie che vivono di quelle rendite, ci sarebbe stato un caos. Dopo aver avuto questo regalone, però, i concessionari stessi devono ben capire che certi canoni vanno adeguati. Almeno il tre o quattro percento del fatturato».

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Alberto Lupini


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