Il fattore soundtrack nella ristorazione Tanti lo trascurano, ma fa la differenza

17 giugno 2017 | 09:25
di Giovanni Romito
Cari lettori, vi sfido subito a un esperimento percettivo che vi farà convincere della bontà di questo articolo prima ancora di leggerlo: provate a guardare un grande capolavoro cinematografico, che ne so “Gli Intoccabili” di Brian De Palma, oppure “Apocalypse now” di Francis Ford Coppola. Vi starete chiedendo dove sia la sfida e dove voglia andare a parare, ebbene provate ora a guardarli senza alcuna traccia musicale, soltanto con i dialoghi e la voce doppiante, senza musiche e colonna sonora. Ebbene vi garantisco che vi annoiereste a tal punto che non riuscireste ad andare oltre la prima mezz’ora.



Il piccolo esperimento raccontato ci fa capire che nel vivere un’esperienza, lo sfondo sonoro costituisce un elemento fondamentale. Entriamo nel vivo della tematica che affronteremo in questo articolo, ovvero la musica come elemento di marketing nei ristoranti. Si tratta di un argomento del tutto trascurato dalla stragrande maggioranza degli operatori di settore, approfondito solo da alcuni studiosi, i quali cercano di trovare il bandolo della matassa e proporre delle valide soluzioni.

Quando parliamo di musica parliamo di “atmosfera”, ovvero di esperienza. Che lo vogliate o meno, quando una persona si siede al tavolo di un ristorante non sta comprando solo il cibo e il vino, ma sta comprando un’esperienza, e l’atmosfera costituisce l’ambientazione nella quale un pranzo o una cena si svolgono. Secondo Ronald Milliman, accademico e imprenditore statunitense, i consumatori sono influenzati, nelle decisioni di acquisto, da fattori ben lontani dal prodotto tangibile o dal servizio offerto. In alcune circostanze il luogo, o più specificamente la sua atmosfera, è l’elemento che modella le decisioni d’acquisto, più del prodotto stesso. Una di queste circostanze è proprio il ristorante, ma anche il supermercato, il bar e la bottega di qualità.

Quali sono le start up che forniscono agli operatori gli strumenti adeguati per progettare e mettere in pratica la propria “music strategy”, ovvero come è possibile attuare facilmente una buona scelta della colonna sonora, che sia coerente con l’ambiente, l’arredamento, la location e l’offerta culinaria, ma che soprattutto soddisfi i clienti. La risposta, tra le altre, è stata data da due importanti start up: la prima è SoundTrackYourBrand, nata nel 2013 da un’idea di Ola Sars, co-fondatore di Beats Music, e Andreas Liffgarden, ex executive di Spotify, entrambi svedesi.

La loro mission è chiara e parte da un’osservazione quasi elementare: la stragrande maggioranza di ristoranti e negozi fanno affidamento sui cd per la musica di sottofondo. Un supporto ormai desueto, in quanto i brani musicali registrati sul cd richiedono molto tempo per essere selezionati e incisi. Inoltre sono bloccati e sempre uguali una volta che il cd è chiuso e col tempo vedono deteriorarsi la qualità del suono. I due imprenditori svedesi hanno allora pensato di creare una piattaforma di streaming musicale dedicata ad aziende e multinazionali, con uno sguardo particolare al mondo degli hotel e della ristorazione.

La vera intuizione vincente è stata quella di far interagire i sistemi di diffusione presenti nei locali con le principali piattaforme di streaming di musica online. Tale obiettivo è stato raggiunto dando vita a una partnership con Spotify, il che ha ovviamente consentito a SoundTrackYourBrand di aver facile accesso a una galleria praticamente sconfinata di titoli musicali.

Sound Track Your Brand consente ai manager di gestire la track list di brani musicali diffusa in ogni locale, anche per le grandi catene, stando comodamente seduti dietro una scrivania. Secondo quanto raccontato dagli stessi fondatori, l’azienda avrebbe conquistato in brevissimo tempo una fetta consistente del mercato, quantificabile nel 30% circa, annoverando clienti di primaria importanza come McDonald’s negli Usa. In Scandinavia la diffusione del servizio si può considerare quasi capillare.

La seconda start up proposta è Rockbot, con l’headquarter a San Francisco, approccio yankee, più engaged rispetto alla gelida tecnologia scandinava di Sound Track Your Brand, che si rivolge ai manager. Il business model dell’azienda fondata da Garrett Gogde è tutto basato sul concetto di juke box tailorizzato sul cliente: quando si entra in un ristorante, il sistema riconosce i tuoi gusti musicali e le tue playlist e in breve propone una delle tue canzoni preferite, siamo veramente su alti livelli di “customer tailored experience”.

I tecnici sono tuttavia alle prese con un problema di coerenza, laddove spesso le scelte musicali dei clienti non sono sempre in linea con lo stile del locale. Vi immaginate un post cyber punk che entra con la propria playlist tutta techno in un bar neo vittoriano: sarebbe un disastro totale. Tuttavia pare che le prime applicazioni di questa tecnologia abbiano generato addirittura un diverso rapporto con la musica nel tempo libero, con discussioni musicali accese tra commensali e amici che frequentano i locali aderenti. Inoltre Rockbot mette a disposizione una tecnologia che permette di votare i brani più “ascoltati” in alcuni locali, legandoli indelebilmente al luogo. Al momento il servizio è diffuso in oltre 25 Stati e ha visto aderire importanti catene d’oltreoceano tra cui JetBlue, Caesar's Entertainment e Gap.

Piccola nota finale per gli imprenditori italiani e per i capital venture nostrani: un’applicazione del genere potrebbe davvero avere una diffusione facilitata in un Paese come il nostro, che vanta numeri spaventosi nella diffusione di smartphone e tablet per numero di abitanti, oltre al grande gusto musicale e stilistico che ci contraddistingue.

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Alberto Lupini


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