Guide in disaccordo, poca attendibilità o autonomia di pensiero?
Archiviata l’ennesima puntata di “Quelli che le Guide” (confronto tra i curatori degli annuari vinicoli che organizzo e modero da 13 anni), desidero portare all’attenzione dei lettori alcune considerazioni
20 gennaio 2018 | 17:55
di Guido Ricciarelli
Quale può essere dunque la loro credibilità complessiva, viste le distanze nel rappresentare i vertici qualitativi, con un ristretto manipolo di etichette (più o meno sempre quelle) a correre in partenza per un en plein che non arriva mai e la netta maggioranza di vini premiati in esclusiva da una guida sola? E, di conseguenza, quanto può realmente incidere una critica percepita come frammentata, con visioni di fondo anche molto distanti fra una “bibbia enologica” e l’altra?
Interrogativi che pesano e finiscono per alimentare le tesi “complottiste” secondo cui, dietro all’allegro procedere in ordine sparso delle Guide, non ci sarebbero altro che logiche di posizionamento individuale rispetto al mercato editoriale di riferimento, quando non addirittura considerazioni di opportunità legate all’indotto sviluppato verso quello stesso mondo produttivo che dovrebbe, ricordiamolo, essere giudicato senza condizionamenti.
Ma davvero possiamo liquidare la costruzione di ogni annuario - quella lunga marcia fatta di migliaia di assaggi, visite aziendali, debutti, promozioni, conferme, bocciature, premi, scrittura - lasciandoci schiacciare dal peso del sospetto? O non dobbiamo piuttosto prendere in considerazione la possibilità che al variare degli autori e dei metodi di indagine ogni inchiesta sullo stato di salute del vino italiano non possa che condurre a risultati diversi?
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Alberto Lupini