I malati “dimenticati” di Bergamo «Siamo abbandonati a noi stessi»

Bisogna solo sperare di non ammalarsi, nella Bergamasca, perché chi risulta affetto da sintomi anche gravi da coronavirus rischia di non poter essere curato. La drammatica testimonianza di una donna di 36 anni

25 marzo 2020 | 17:42
Si chiama Daniela Lupini, ha 36 anni, vive con marito e due figli piccoli in un comune in provincia di Bergamo, e in una toccante intervista rilasciata in questi giorni a TPI-The Post Internazionale racconta di come stia affrontando la malattia e di come, sempre a causa del Covid-19, abbia da poco perduto suo padre, 69 anni, morto al San Raffaele di Milano senza il conforto della famiglia.


La situazione è critica nella Bergamasca

Daniela è stata contagiata perché la suocera, che lavora presso la Clinica San Francesco di Bergamo, era positiva al coronavirus, cosa che poi è stata accertata a seguito di Tac e tampone effettuati in quanto lei è un operatore sanitario. Per Daniela invece avere una diagnosi o quanto meno un consulto medico è impossibile, tanti sono i casi che nel territorio bergamasco si registrano tutti i giorni. La percezione della gente ormai, secondo quanto afferma Daniela, è che possano ricevere soccorso o assistenza solo i soggetti in fin di vita o comunque in condizioni estremamente critiche.

Una situazione che - sempre secondo la testimonianza - sta portando le persone a raggiungere condizioni di salute estreme senza sapere più cosa fare. Non si riesce più ad avere contatti con medici di base o guardie mediche, le linee telefoniche dedicate risultano sovraccariche, e tentare di farsi fare una diagnosi risulta quasi utopia. Pare che online siano spuntate delle società che offrono la possibilità di effettuare esami a domicilio, come i raggi X, ma con costi esorbitanti. Addirittura Daniela parla di “mercato nero delle bombole d’ossigeno”, che vengono cedute a chi ha più bisogno invece di essere restituite agli operatori sanitari.

La situazione a Bergamo e provincia è sempre più critica. Di posti per i ricoveri non ce ne sono più e il personale sanitario è allo stremo. Quello che resta da fare - soprattutto chi ha la fortuna di non essersi ammalato - è di rimanere in casa e rispettare alla lettera le disposizioni delle autorità, per permettere che si riesca lentamente a riprendere il controllo della situazione e ad uscire da un’emergenza che dura ormai da tanto, troppo tempo.

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Alberto Lupini


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