Dal latte in polvere al pomodoro cinese, salute e Made in Italy vanno tutelati

02 ottobre 2015 | 15:18
di Alberto Lupini
Con buona pace di alcuni industriali alimentari (che tanto possono continuare a produrre come già fanno all’estero...), anche Renzi dopo il Ministro Maurizio Martina ha confermato il “no” alla possibilità di produrre in Italia formaggi con il latte in polvere. Il Governo italiano in pratica ribadisce la bontà delle norme del 1974 e rispedisce al mittente la pretesa di imporre lavorazioni “industriali” (peraltro comunque in essere) che avrebbero certamente colpito un’attività di fatto artigianale che è fra i cardini del Made in Italy a tavola.

Altro che libera circolazione delle merci. La pretesa di Bruxelles (sollecitata da un intervento di un europarlamentare del gruppo di Salvini, Lega Nord) aveva il solo obiettivo di creare spazi anche nel nostro Paese per lavorazioni che avrebbero snaturato la qualità dei prodotti tradizionali. Quelli cioè che sono alla base di tutte le nostre Dop. È vero che con la situazione attuale i formaggi fatti con latte in polvere sono comunque in vendita in Italia, ma solo perché prodotti in altri Paesi europei. Il problema non è che alcune industrie vorrebbero poterli produrre anche in Italia (già lo fanno). In realtà vorrebbero produrre con latte in polvere formaggi protetti dalla Dop. Questo è il punto su cui bisogna essere chiari.

A questa decisione del Governo (a cui non si può non plaudire) speriamo ora ne seguano altre ugualmente significative per tutelare meglio le produzioni realmente italiane. I casi delle conserve o salse di pomodoro spacciate per italiane, ma prodotte con pomodori cinesi ammuffiti, non possono più essere consentiti. Per la tutela della nostra salute di consumatori e per garantire un mercato alle aziende serie.

La soluzione sta nelle etichette finalmente trasparenti e capaci di indicare da subito (e non nelle contro-etichette in caratteri microscopici) da dove vengono le materie prime e dove sono lavorate. E per tornare al formaggio, non sarebbe male se, per dare una lezione di stile a Bruxelles, l’Italia imponesse la commercializzazione solo se indicano chiaramente la loro composizione. In nome della tracciabilità e di informazioni trasparenti da dare al consumatore.

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Alberto Lupini


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