Mangiamo 260 g di plastica l’anno È presente in acqua, sale e birra

A lanciare l’allarme il Wwf, attraverso una ricerca commissionata a un’università australiana, secondo cui ne ingeriamo 2mila frammenti alla settimana. Tra gli alimenti a rischio, anche i frutti di mare . Il direttore Marco Lambertini: «Risultati che segnano un passo avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento sugli esseri umani»

14 giugno 2019 | 09:39
Scorre dal rubinetto, ma ce la ritroviamo anche nel piatto e nel bicchiere. A volte, poi, siamo noi stessi a metterla sulle pietanze, insieme al sale. Stiamo parlando della plastica che, secondo uno studio commissionato dal Wwf farebbe parte integrante della nostra dieta, al punto che ogni cittadino, in media, ne ingerirebbe 260 grammi all’anno.

Dal mare all'interno delle bottiglie, la plastica è ovunque

Non solo i pesci, dunque: anche l’uomo assume ormai regolarmente, secondo questa ricerca dell’Università di Newcastle a nord di Sydney, una quantità di plastica che sta diventando preoccupante. Si parla addirittura di 2.000 minuscoli frammenti alla settimana, pari al peso di una carta di credito. Come? Semplicemente bevendo acqua, spargendo sale sulle pietanze, oppure attraverso la birra o ancora mangiando pesce, soprattutto frutti di mare. Sono questi gli alimenti che secondo i ricercatori sono i più ricchi di frammenti di plastica. La quantità maggiore, perché minuscola e impercettibile, verrebbe ingerita bevendo acqua, sia quella del rubinetto, che quella in bottiglia.

Anche l’uomo mangia la plastica. Se ne ingeriscono fino a 2000 minuscoli frammenti per settimana, che corrispondono a circa 5 grammi, l’equivalente in peso di una carta di credito. In media sono pari a 260 grammi l’anno. A puntare il dito contro le scorpacciate di microplastiche lo studio “No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People” condotto dall’Università di Newcastle a nord di Sydney e commissionato dal Wwf, che combina i dati di oltre 50 precedenti ricerche. La maggior parte delle particelle sono sotto i 5 millimetri e vengono assunte con l'acqua che si beve sia dalla bottiglia che dal rubinetto.

«I risultati - ha detto Marco Lambertini, direttore internazionale del Wwf - segnano un importante passo avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani e devono servire da campanello d'allarme per i governi. Mentre le ricerche indagano sui potenziali effetti negativi sulla salute umana, è chiaro a tutti che si tratta di un problema globale, che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice. Se non vogliamo plastica nel corpo, dobbiamo fermare i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura. È necessaria un'azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori, e un trattato globale con obiettivi globale».

Secondo Lambertini infine l’ingestione è solo un aspetto di una molto più ampia crisi della plastica. Dal 2000 ad oggi in tutto il mondo è stata prodotta tanta plastica quanta in tutti gli anni precedenti e un terzo di questa è finito nell’ambiente. La produzione di plastica “vergine” è aumentata di 200 volte a partire dal 1950 ed è cresciuta del 4% all’anno nell’ultimo ventennio. E nonostante i divieti in vista nell’Unione europea, la produzione attuale potrebbe aumentare del 40% entro il 2030. Senza un’inversione di tendenza, entro 6 anni gli oceani conterranno, secondo il Wwf, una tonnellata di plastica ogni tre tonnellate di pesce.

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Alberto Lupini


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