La pandemia cambia le abitudini Ma resta alta l'attenzione sul cibo

A rivelarlo è il Rapporto Coop 2020-Economia, consumi e stili di vita. Un italiano su 3 dedicherà più tempo alla cucina, anche per "mangiare più salutare". Smart working in crescita del 770%

10 settembre 2020 | 17:50
C’è più voglia di stare in cucina e di mangiare sano, ma anche di frequentare i social e di sperimentare situazioni nuove. La pandemia ha cambiato il modo di porsi degli italiani nei confronti della vita e lo ha fatto nel giro di appena 7 mesi. A rivelarlo è il “Rapporto Coop 2020-Economia, consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Nomisma e il supporto di analisi di Nielsen.

Cresce la voglia di cucinare tra gli italiani

Cresce la voglia di cucinare a casa anche nel post covid; un fenomeno che spiega la forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28.5% in GDO su base annua) a fronte della contrazione dei piatti pronti (-2,2%). Supportati o meno da aiuti tecnologici (la vendita dei robot da cucina ha fatto registrare a giugno +111% rispetto all’anno prima), il 30% dedicherà ancora più tempo alla preparazione del cibo e il 33% sperimenterà di più. Uno su 3 lo farà per “mangiare cose salutari”, ma c’è anche un 16% che lo ritiene un modo per mettersi al riparo da possibili occasioni di contagio. La preparazione domestica dei cibi è probabilmente anche la nuova strategia degli italiani per non rinunciare alla qualità e contemporaneamente alleggerire il proprio budget familiare.



I risvolti della ricerca non sono però tutti positivi, anzi. Ciò che emerge, in generale, è un diffuso malessere degli italiani che si rivelano i più pessimisti in Europa e, insieme agli spagnoli, registrano il più ampio peggioramento delle proprie condizioni di vita rispetto al 2019.

Il 38% pensa di dover far fronte nel 2021 a seri problemi economici e tra questi il 60% teme di dover intaccare i propri risparmi o di essere costretto a chiedere un aiuto economico a Governo, amici/parenti e banche. A farne le spese sono soprattutto le classi più fragili, i giovani, le donne, mentre c’è un 17% di italiani che prevede nel 2021 un miglioramento delle proprie condizioni economiche.

Il Covid, come dicevamo, ha cambiato la vita degli italiani, anche nei gesti quotidiani: quella di oggi è l’Italia dello smart working (+770% rispetto a un anno fa), dell’egrocery (+132%), della digitalizzazione a tappe forzate non solo nella sfera privata ma finalmente anche nelle attività professionali (lavoro appunto ma anche didattica, servizi, sanità) che genera una crescita stimata di questo segmento di mercato pari a circa 3 miliardi tra 2020 e 2021.

Una pandemia che ha portato alla sensazione di vivere in una bolla dove la vita affettiva cresce di importanza e se gli affetti dovessero mancare affetti ci si adopera per riempire il vuoto: 3,5 milioni di italiani durante il lockdown o subito dopo hanno acquistato un animale da compagnia e 4,3 milioni pensano di farlo prossimamente. Da ultimo, l’elemento forse più insidioso è il restare prigionieri di bolle sociali e informative chiuse ed autoreferenziali, terreno fertile per l’informazione di parte e la proliferazione delle fake news.

L’esplosione nell’uso dei social, il dilagare della fruizione di contenuti on demand, l’assenza di un confronto sociale ampio sono elementi che coinvolgono e coinvolgeranno una parte oramai sempre più ampia della popolazione (il 30% degli italiani nel 2021 aumenterà il tempo trascorso su internet e il 19% quello passato sui social). Rispetto ai cugini europei, gli italiani continuano a prestare maggiore attenzione al cibo. Alla spesa alimentare, pur nell’emergenza e in una evidente contrazione generalizzata degli acquisti, gli italiani non rinunciano e solo il 31% dichiara di voler acquistare prodotti di largo consumo confezionato più economici a fronte di un 37% della media europea; un dato decisamente inferiore al 50% registrato lo scorso anno e al 57% del 2013 (anno in cui eravamo in piena crisi economica con un Pil a -1,8%).

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Alberto Lupini


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