Il Pirellone agevola i negozi di vicinato Aiuti concreti... efficaci a lungo termine?

Le attività che aprono nei centri storici dei Comuni con numero di abitanti superiore a 50mila non saranno tenuti a pagare l'Irap - Imposta regionale sulle attività produttive per i primi 3 anni dall'avvio dell'esercizio

04 ottobre 2017 | 10:35
di Marco Di Giovanni
La misura, la cui approvazione arriva dal Pirellone e riguarderà quindi tutta la Regione Lombardia, ha subito visto favorevoli le associazioni di categoria, e si rivolge alle imprese commerciali e artigianali con vendita nei locali di produzione. Un'iniziativa che, come dice Oscar Fusini, direttore di Ascom, rappresenta «un primo passo che va in una direzione di agevolazione finalizzata alla rivitalizzazione dei centri storici». D'accordo con questo punto di vista è l'assessore regionale al Commercio Mauro Parolini: «L'obiettivo è favorire la creazione di nuove imprese e contrastare la desertificazione commerciale attraverso una fiscalità di vantaggio».



Che nei centri urbani, nel corso di questi ultimi dieci anni, a partire dalla crisi del 2008, ci sia stato un impoverimento di attività, non è questionabile. Proprio a fine agosto avevamo trattato l'argomento, riportando una stima significativa (Confesercenti su dati Istat) del calo delle imprese di commercio in sede fissa pari al 15% del totale: vale a dire 108mila unità. A beneficiarne, indubbiamente, sono state le attività ricettive (+63mila, con un incremento del 16,6%).

Verrebbe spontaneo affibiare la colpa di questo drastico crollo ai centri commerciali, quei grandi magazzini che macinano numeri fuori dalla portata dei negozietti del centro. Ma anche qui, si tratterebbe di un abbaglio: le cose cambiano, e anche un sistema come quello dei super-market sta entrando in crisi.

Forse è un po' forzata come lettura, ma i collegamenti logici che ne stanno alla base difficilmente scricchiolano: le agevolazioni della Regione nei confronti di determinate attività commerciali lombarde in prospettiva sembrerebbero un tentativo di inversione di rotta per salvare un'economia ormai vecchia che sta cedendo il passo a una più giovane. Calzanti, in questo senso, le parole dell'economista Jeremy Rifkin: «L'economia capitalista fondata sul mercato dovrà coesistere con la nascente e ascendente sharing economy».



La pensa allo stesso modo Valentina Pontiggia, direttore dell'Osservatorio e-commerce b2c Netcomm dal Politecnico di Milano: «Da un lato vediamo come negli Stati Uniti e nel Regno Unito alcune catene sono andate in crisi, si parla anche di una chiusura di migliaia di punti vendita pari a circa 8.500 entro la fine di questo anno. Chi non cambia, è destinato a fallire». Il fatto che ai più possa sembrare una riflessione di impatto minimo dipende solo dall'arretratezza (ormai risaputa) dell'Italia rispetto ad esempio ad America e Regno Unito (in questo particolare settore, chiaramente): il peso dell'e-commerce sui consumi per il Belpaese si attesta intorno al 5,5%, quello dei due Paesi a maggioranza anglofona interno al 15-20%.

C'è chi si attrezza: Coop e Esselunga pensano alla spesa ordinata online e al suo ritiro già due ore dopo nel punto vendita più vicino. Un adeguarsi necessario, che presto o tardi verrà sempre più reclamato da quella «clientela più giovane, tra i 30 e i 50 anni, con un tasso di scolarizzazione elevato» dice Cristian Laurenza, responsabile di Area della Nova Coop.

Trarre conclusioni generalizzanti sarebbe chiaramente un errore: la misura regionale può dimostrarsi comunque un ottimo incentivo, da una parte per i commercianti, dall'altra per la rivitalizzazione dei centri, sempre più affollati di turisti, specie in questo "felice periodo tutto italiano". D'altra parte il futuro che si prospetta è quello sopra descritto, quello che guarda all'espansione costante dell'e-commerce come a una realtà che è stata capace in dieci anni di sfornare ben 355mila posti di lavoro. Mi permetto di chiudere questa riflessione con un esempio calzante di quanto appena detto (ma non ci si lasci prendere da una fantasia complottista!): una job fair per assumere 50mila persone recentemente tenuta da Amazon... la stessa Amazon che deve prepararsi alla maxi stangata Ue di centinaia di milioni di euro (fonte: Financial Times) causa tasse arretrate da restituire al Lussemburgo.

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