Riapertura per altri 94mila locali dalla Lombardia alla Calabria, ma nelle zone rosse 79mila restano chiusi

Resta il problema degli assembramenti per lo shopping in molte città. Nelle Regioni ancora "rosse" resta chiuso un bar o ristorante su 5 di quelli di tutta Italia. Molte preoccupazioni per la gestione dei giorni di festa

13 dicembre 2020 | 13:05
Non solo shopping (e relativi pericoli per assembramenti come successo ieri in molte città, da Roma a Milano), con il ritorno di quattro nuove regioni tra le zone gialle (Lombardia, Piemonte, Calabria e Basilicata) hanno riaperto circa 94mila tra bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi costretti per settimane alla chiusura o alla sola attività di asporto o consegna a domicilio. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti dell’entrata in vigore della nuova ordinanza del Ministro della Salute, Roberto Speranza. Le 4 regioni si aggiungono a Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Puglia e Umbria, Sicilia, Liguria, Lazio, Molise, Sardegna, Veneto e Provincia di Trento. Restano arancio al momento Toscana, Campania, Valle d'Aosta e Provincia di Bolzano.


Le ultime riaperture per la ristorazione riguardano quasi 51mila in Lombardia, 25mila in Piemonte, 15mila in Calabria e 3mila in Basilicata. Nelle zone gialle comunque, come noto, le attività di ristorazione sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto. Nelle zone critiche (arancioni) è invece consentita la sola consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali.

Nonostante i cambi di colore, in Italia resta chiuso più di un locale su cinque (22%) tra bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie e agriturismi per un totale di quasi 79mila locali situati in Campania, Toscana, Abruzzo, Valle d’Aosta e Provincia di Bolzano ancora arancioni, dove è proibita qualsiasi attività al tavolo, con un drammatico impatto su economia ed occupazione.

A pesare è in tutte le regioni il permanere dei limiti anche nei giorni più caldi delle feste di fine anno come Natale, Santo Stefano e Capodanno con l’obbligo di chiusura alle 18 per tutte le attività di ristorazione, anche nelle regioni più sicure. Ma anche la decisione di blindare gli italiani in questi giorni nel proprio comune che mette ko soprattutto i ristoranti non cittadini e gli agriturismi che sono principalmente situate in piccoli centri rurali con una clientela proveniente dalle grandi città e dai paesi limitrofi.


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Alberto Lupini


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