Stima della mortalità a Wuhan scende all’1,4% sui casi di Covid-19

Secondo le prime stime l'indice era fra il 2 e il 4%, mentre le analisi più recenti fanno registrare una correzione al ribasso del rischio di mortalità nella provincia cinese. Un dato rincuorante, con le dovute cautele

19 marzo 2020 | 15:40
A Wuhan, in Cina, la prima metropoli del mondo a confrontarsi con la minaccia del nuovo coronavirus, il rischio complessivo di mortalità per caso sintomatico di Covid-19 era pari all’1,4%. A fotografare la situazione così come appariva al 29 febbraio 2020, con numeri più aggiornati e completi sull’entità dell’epidemia, è uno studio pubblicato su “Nature Medicine”. Si tratta di un dato che “corregge” al ribasso le stime precedenti. E potrebbe essere rincuorante per l’Italia, oggi alle prese con una curva epidemica ancora in salita.


A fine febbraio il dato era stimato fra il 2 e il 4%

I numeri del gigante asiatico mostrano che al 29 febbraio 2020 c’erano 79.394 casi confermati di Covid-19 e 2.838 decessi nella Cina continentale. Di questi, 48.557 contagi e 2.169 morti erano concentrati a Wuhan. Gli autori del lavoro - Joseph Wu e colleghi dell’University of Hong Kong - spiegano l’importanza di non trascurare simili statistiche. Una priorità chiave per la salute pubblica durante l’emergere di un nuovo patogeno, evidenziano, è infatti la stima della gravità clinica della malattia provocata.

Gli scienziati hanno quindi prima calcolato che al 29 febbraio 2020 il rischio di mortalità per caso sintomatico di Covid - cioè la probabilità di morire dopo lo sviluppo dei sintomi - a Wuhan era dell’1,4% e hanno poi guardato alle fasce d’età: dai loro calcoli è emerso che, rispetto alle persone di età compresa tra 30 e 59 anni, gli under 30 e il gruppo dai 60 in su hanno rispettivamente 0,6 e 5,1 volte più probabilità di morire dopo aver sviluppato i sintomi.

Gli esperti nel nuovo studio hanno aggiornato il loro modello della dinamica di trasmissione della malattia precedentemente pubblicato con ulteriori informazioni pubblicate e disponibili per determinare una serie preliminare di stime della gravità clinica, che potrebbero aiutare a guidare il processo clinico e di salute pubblica mentre l’epidemia continua a diffondersi a livello globale, ormai con i contorni di una pandemia.

Avere un’idea il più realistica possibile della gravità clinica di una malattia emergente, ribadiscono, ha conseguenze sia per i pazienti che per i medici, influenza il triage e il processo diagnostico e decisionale, specialmente in contesti senza accesso immediato ai test di laboratorio o quando la capacità di sovraccarico negli ospedali è stata superata.

Gli autori hanno anche approfondito come si comporta il rischio di infezione sintomatica: è emerso che aumenta con l’età, ad esempio, di circa il 4% all’anno tra gli adulti che hanno fra i 30 e i 60 anni. Questi risultati, concludono gli autori, suggeriscono che il rischio di mortalità per caso sintomatico può essere sostanzialmente inferiore rispetto ad altre stime, in particolare se si guarda alle stime basate sul rischio di mortalità per caso grezzo, cioè la percentuale di decessi rispetto al numero totale di casi, avvertono.

Fonte: Adnkronos

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Alberto Lupini


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