Stop a chioschi, pizze d'asporto e kebab Venezia tutela il decoro del centro storico

14 marzo 2017 | 18:29
di Andrea Radic
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha sollecitato quasi una volta a settimana il governo affinché intervenisse per tutelare il centro storico più famoso del mondo dal proliferare di kebab, pizze d'asporto, street food e baracchini di ogni tipo. E questa volta pare che il risultato sia stato raggiunto con il decreto legislativo 222 del 2016, nato appunto da un incontro tra il sindaco della laguna e il viceministro Carlo Calenda. Il decreto autorizza i sindaci a vietare o sottoporre ad autorizzazione (non bastando più la semplice comunicazione di avviata attività) alcune attività dopo aver rilevato la particolare importanza storica, artistica o paesaggistica di determinate zone.



In pratica Luigi Brugnaro, d'intesa con la Regione e la Soprintendenza, potrà impedire la presenza di chioschi, banchetti e kebab di ogni genere. In effetti 53 pizzerie al taglio nel centro storico di Venezia sono decisamente un numero elevato, soprattutto se si pensa che turisti o studenti in gita scolastica le consumano sul posto con relative conseguenze sul decoro urbano.

Come dichiara il presidente della Commissione attività produttive del Consiglio comunale di Venezia Paolo Pellegrini «vogliamo rispondere sul piano dell'offerta ad un turismo mordi e fuggi di bassa qualità che crea un super lavoro per la raccolta dei rifiuti i cui costi ricadono sui cittadini veneziani. Ci attendiamo una buona risposta anche dalla Regione con la quale firmeremo un protocollo d'intesa».

Non sarà tutto facile, arriveranno i consueti ricorsi al Tar, ma intanto si cerca almeno di affermare una volontà politica: nuovi locali solo se autorizzati e nel rispetto del patrimonio artistico. Oggi sono 120 le attività sparse nei luoghi più frequentati di Venezia, con un tasso di crescita altissimo. Gli ultimi arrivati sono i due negozi di patatine fritte a Rialto e Strada Nova, ma prima c'erano i pasta take away e ancor prima kebab, pizza al taglio, una globalizzazione gastronomica che è bene arginare.

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Alberto Lupini


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