I trucchi nei menu dei ristoranti per "pilotare" le scelte dei clienti

30 maggio 2015 | 09:06
di Piera Genta
Recentemente la rivista americana, Mental Floss - traduzione letterale “il filo interdentale della mente” - ha attirato l’attenzione sugli stratagemmi che i ristoratori utilizzano nella compilazione dei loro menu per indirizzare la scelta del consumatore, articolo che è stato ripreso e tradotto da altri media italiani. Si parla di tattiche psicologiche di manipolazione mentale come il numero delle scelte per ogni tipologia di cibo, sette il numero base, ogni piatto in più porterebbe confusione nella decisione del cliente e quindi portarlo ad ordinare il solito piatto.



E ancora le foto, più invitanti sono, in misura maggiore si ordina quel piatto; il formato in cui il prezzo viene indicato, preceduto dal segno dell’euro con o senza i decimali; la disposizione dei piatti nel menu, nella pagina di destra vengono indicati quelli più costosi, a sinistra quelli dal prezzo più ridotto e questo in base alla tecnica di eyetracking ovvero lo studio dei movimenti oculari in relazione alla lettura di un testo; il linguaggio, i richiami alla tradizione (zuppa della nonna), la scelta dei colori, il rosso si associa all’appetito, il giallo attira l’attenzione.

Tecniche di manipolazione mentale che vengono utilizzate in modo brillante anche nei punti vendita della Gdo, dove la disposizione delle merci è studiata strategicamente in base a molte variabili. Parlando sempre di ristoranti, attenzione a quei luoghi in cui si propone il “all can you eat” ad un prezzo fisso! Qui entra in gioco la disposizione dei cibi, le proposte più caloriche sono le prime che incontriamo e, secondo gli esperti, andiamo a riempirci il 68% del piatto. Tutte considerazioni condivise da indagini condotte da prestigiose università americane, quali la Cornell di New York, la San Francisco State o da istituzioni come la Culinary Institute of America, molte delle quali pubblicate sull’International Journal of Hospitality management.

E in Italia? Molti dei consulenti che operano nel campo conoscono e applicano questi meccanismi, ma quanti ristoratori si avvalgono di esperti e adottano un piano strategico e quanti si affidano alla loro esperienza? Sicuramente è opportuno fare una distinzione tra le varie categorie in cui il nostro locale si posiziona e quindi anche al frequentatore. I clienti oggi hanno nuovi bisogni da soddisfare, ad esempio vogliono godere di una alimentazione sana, sono utenti evoluti e selettivi, ricercano la stagionalità del prodotto, escludono cibi che considerano rischiosi, riducono le quantità e vogliono piatti più leggeri.

La tendenza al green food, nei menu compaiono piatti di verdura per quelle persone che scelgono un’alimentazione vegetariana e vegana, la cucina a km zero che valorizza i prodotti del territorio, quella dei cibi poveri, quindi pollo e pesce azzurro protagonista nei piatti. Ed anche le mode ad esempio la diffusione di dolci stranieri come muffins, macarons, cupcakes.

Altro fattore del menu, la strategia dei prezzi. Il prezzo di vendita indicato nel menu, come fa notare un noto consulente del settore, il più delle volte solo due prezzi per categoria di cibo, è uno strumento di marketing che tiene conto di diversi fattori, quello gestionale rappresentato dalla qualità della materia prima, l’attrezzatura della cucina, l’abilità del cuoco, ma non dimentica il proprio target di clientela.

La scuola anglosassone da anni ha sviluppato una disciplina chiamata menu engineering, una serie di strategie grazie alle quali poter creare un menu che possa vendere di più e massimizzare i profitti. Strategie quindi, non banali trucchi. Il menu rimane un catalogo, uno strumento attraverso il quale si realizza la vendita, ma non trascura i gusti, le preferenze del cliente e deve saper stimolare e creare delle aspettative che sarà poi il cuoco a soddisfarle.

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Alberto Lupini


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