Vinitaly, le cantine sono pronte Aspettiamo la politica

Il mondo del vino sta dimostrando una crescita in termini di qualità ed organizzazione delle cantine. Purtroppo mancano ancora iniziative strutturali capaci di sostenere un’immagine più alta della nostra enologia

08 aprile 2019 | 15:23
di Alberto Lupini
La presidente del Senato Casellati, il premier Conte, il ministro Centinaio e l’immancabile Salvini (con tanto di felpa brandizzata). Che il Vinitaly sia diventato un appuntamento immancabile per i politici, non c’era bisogno dell’edizione di quest’anno per averne conferma. La fiera di Verona è ormai da tempo un palcoscenico irrinunciabile per chi punta al consenso valorizzando ciò che di positivo c’è nel Paese. E il mondo del vino (con l’ancora più importante comparto dell’agroalimentare) è certamente uno dei pochi elementi di certezza per il Sistema Italia. Almeno alla pari col mondo del design che giusto in queste ore contende alla città di Giulietta l’attenzione di media e pubblico con il Salone di mobile di Milano, in una sorta di gara sulla popolarità che in più occasioni abbiamo segnalato come assurda per gli interessi del Paese. Ma questo è un altro tema sul quale torneremo in un’altra occasione.



Tornando al Vinitaly, va detto che se l’anno scorso Verona aveva fatto da scenario alle attese per l’accordo giallo-verde non ancora siglato, con Di Maio e Salvini che avevano evitato di incontrarsi in qualche stand, quest’anno ha fatto invece da teatrino alle immancabili polemiche a distanza fra i due vicepremier che, quasi a marcare la distanza che si sta creando fra loro, hanno scelto giorni diversi.

A parte il solito ministro degli Interni che parla di tutto ovunque (e infatti ha fatto il suo annuncio sulla flat tax, quasi che questa fosse l’aspettativa principale dei produttori di vino...), va detto che quest’anno da parte della politica c’è stato un rispetto dei ruoli e, giustamente, di progetti per il comparto ha parlato il ministro delle Politiche agricole e del Turismo, insistendo in ripetute occasioni sul concetto di rete che era stato anche al centro del suo intervento al Premio Italia a Tavola.

Da parte del premier Conte c’è stato un atteggiamento di prudenza e sobrietà. Forse pesa ancora la memoria dei proclami dell’allora presidente del consiglio Renzi che, quasi incurante della condizione del mercato (come la gran parte dei politici oggi al Governo...), tre anni fa a Verona aveva fatto una delle sue sparate annunciando che l’export di vino italiano sarebbe passato da 5 miliardi di euro a 7,5 entro il 2020. Siamo a malapena a 6 miliardi, ma coi tempi che corrono è più facile prevedere cali che non aumenti. In questo forse un qualche consiglio anche al vicepremier Di Maio non sarebbe fuori luogo, quando dice che a breve usciremo dalla recessione sostituendo i prodotti alimentari taroccati come italiani con quelli originali. Peccato che si dimentichi di spiegare come...

Per il momento ciò che conta è che al Vinitaly il mondo del vino, ma anche quello dell’olio, dimostra una crescita in termini di qualità ed organizzazione delle cantine. Purtroppo mancano ancora iniziative strutturali capaci di sostenere un’immagine più alta della nostra enologia e questa è la vera sfida che attende Governo, Regioni e consorzi: crescere di valore (di prezzo) sui mercati esteri, non tanto di quantità. Su molti mercati vendiamo ormai quasi il doppio delle bottiglie dei francesi, che però ci superano in valore perché sanno fare rete e sistema.

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Alberto Lupini


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