Vuillermin, il vitigno valdostano che ha rischiato l’estinzione

Salvato qualche anno fa, ora è coltivato da tre soli viticoltori sulle rive della Dora Baltea. Le prime tracce risalgono alla fine dell’Ottocento

17 novembre 2019 | 10:06
di Piera Genta
Vitigno autoctono valdostano a bacca nera, raro e pochissimo conosciuto al di fuori della Valle d'Aosta, il Vuillermin ha rischiato più volte l'estinzione fino a quando, all'inizio del Duemila, alcuni anziani contadini lo hanno segnalato a Giulio Moriondo, ampelografo dell’Institut Agricole Régional di Aosta specializzato nello studio ampelografico della vite sulle Alpi.

Il vitigno ha rischiato di scomparire prima del Duemila

Oggi viene coltivato da tre viticoltori (uno dei quali proprio l’Institut Agricole Régional) sulle rive della Dora Baltea, principalmente nei comuni di Chambave e Chatillon. In tempi passati era equiparato ad un’altra varietà scomparsa, Eperon o Spron, descritti dal medico canavesano Lorenzo Gatta nel suo saggio sulla viticoltura in valle d’Aosta.  Recenti studi genetici affermano una parentela con un altro vitigno valdostano il Fumin e legami con il Priè Rouge.

Il primo documento in cui si parla del vitigno è del luglio 1890 a firma dell’agronomo Luis-Napoléon Bich nelle pagine del “Bulletin du Comice agricole de l’arrondissement d’Aoste” come un vitigno resistente alle bruciature da sole sui grappoli.

A partire dal 2008 è entrato nel disciplinare di produzione della denominazione Valle d’Aosta Vuillermin. I vini in purezza sono solitamente affinati in botti e presentano un colore rubino tenue, note intense di ciliegia e di china, una struttura tannica morbida. Ottimo in abbinamento con carni in umido, formaggi di media stagionatura anche speziati e salumi artigianali.

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