Un’oasi di pace poco distante da Milano Galbusera Bianca, da sogno a realtà
Può un sogno diventare realtà? Roba da film. Questa la risposta standard, che rischia di suonare cinica: e allora perché non andare a constatare di persona se a portata di mano esista la dimostrazione del contrario?
22 aprile 2018 | 11:22
di Guido Gabaldi
«Sono tornate le viti», comincia col dire il titolare del sogno Galbusera Bianca, Gaetano Besana. «Secoli fa si produceva il vino, in queste zone, poi è stato spiantato tutto, anche a causa della fillossera della vite, e gli impianti sono ripartiti circa quarant’anni fa. Per questo territorio, un altro momento fondamentale è stato l’istituzione del Parco regionale, nel 1983, che ha bloccato l’avanzata selvaggia del cemento in Brianza e ha salvaguardato un magnifico ambiente naturale, fortemente a rischio, a ridosso di aree molto antropizzate come Monza, Bergamo, Milano».
Giorgio Cabella e Gaetano Besana
E qual è stato per Gaetano Besana, invece, il momento fondamentale? Quello in cui compresi che dovevo dare una svolta alla mia esistenza. Era il 1999, e mio padre era appena passato a miglior vita. Io facevo il fotografo di moda, sempre in giro per il mondo, ma qualcosa stava cambiando: sentivo che quel modo di vivere non mi apparteneva più. E così fra colline e boschi, vicino alla casa di campagna della mia famiglia, trovai un antico borgo contadino, tutto in rovina: la Galbusera Bianca. Ci volle un bel coraggio e un po’ di sana follia per investire tutta l’eredità, chiedere un prestito e dare inizio all’impresa che avrebbe portato all’acquisto e alla rinascita di questo piccolissimo centro abitato in mezzo al parco, totalmente ricostruito in bioarchitettura, nel pieno rispetto della natura, dai materiali da costruzione agli arredamenti ai sistemi di riscaldamento/raffrescamento. Per l’ospitalità abbiamo 5 camere doppie (ndr: una più onirica dell’altra!), 7 suite, 1 appartamento, un’Osteria Bio da 120 posti, più 40 all’aperto, spazi per matrimoni, banchetti e meeting di lavoro, un’azienda agricola biologica e biodinamica, un’Oasi affiliata al Wwf Italia. È il mio piccolo paradiso, l’eredità in armonia con la natura che lascerò ai miei figli e a questo mondo. Un sogno realizzato.
Ha qualche altro sogno che prima o poi diventerà realtà?
Io m’immagino che un giorno la Brianza assuma un’identità forte e riconoscibile, e diventi un hub dell’ospitalità e del turismo, per attrarre visitatori da tutto il mondo. Come succede da qualche tempo nel Chianti, come accade oggi in Salento, territori con un brand ben consolidato e spendibile. Per ottenere tutto questo, i brianzoli devono imparare a collaborare, a mettere in rete le proprie abilità, a superare diffidenze ed egoismi. Il Consorzio di cui faccio parte, “Brianza che nutre”, dovrebbe proprio servire a mettere le basi perché la cultura del territorio cresca e si affermi. Costituito in vista di Expo 2015, continua a esistere per la gestione di un’immagine attualmente ancora debole, per far conoscere le eccellenze gastronomiche, paesaggistiche e culturali che ci caratterizzano, per potenziare la nostra riconoscibilità e visibilità attraverso eventi e progetti specifici. Sono associati a “Brianza che nutre” imprenditori dell’ospitalità e della ristorazione, come me, associazioni di volontariato, istituzioni scolastiche, aziende agricole: dobbiamo uscire dalla logica del fai-da-te, se vogliamo essere competitivi a livello italiano ed europeo.
E visto che parliamo di eccellenze, la prima cosa che viene in mente al gastronauta che attraversi il Parco di Montevecchia sono i prodotti caseari brianzoli: lo yogurt di mucca o di capra, il caprino, lo stracchino, la caciotta e l’erborinato. All’Osteria Bio dell’Oasi Galbusera Bianca riesco a provarne una discreta varietà, provenienti soprattutto dalla vicina Cascina Bagaggera, un’altra azienda agricola biologica situata nelle vicinanze. I formaggi non possono mancare in un mondo che fa della scelta vegetariana e vegana un filo conduttore, sia pure con qualche piccola concessione alle esigenze degli onnivori: nel menu di aprile oltre alla vellutata di lenticchie e zenzero, e al risotto agli asparagi e caprino di Montevecchia, troviamo anche lo stinco di maiale con patate e gli affettati di Marco d’Oggiono. Ma sono grato al cuoco Giorgio Cabella, e al suo staff di cucina, soprattutto per la torta paesana di pane, dolce brianzolo che ho assaporato a colazione: una cosa da poveracci, a base di pane raffermo bagnato nel latte, uvetta, pinoli, cacao e amaretti; e tuttavia, grazie a un tocco di sensibilità artistica, la fetta possedeva una consistenza a metà strada tra il morbido e il cremoso, per cui sembrava di addentare una raffinatissima creazione da p?tisserie française.
Per le marmellate di fichi, di prugne e di mele cotogne, tutte rigorosamente bio e fatte in casa, bisognerebbe aprire un capitoletto a parte, e quindi preferisco che il lettore elabori di suo. È necessario, invece, spendere qualche altra parola sull’attività onirica, sul daydreaming di Gaetano Besana, fondatore o rifondatore dell’Oasi di Galbusera Bianca. Quando gli ho chiesto se si sentisse più agricoltore o fotografo, albergatore o manager, animatore o viaggiatore, ha risposto che si sentiva un visionario, e soprattutto uno che non assume mai una sola identità per volta. Strana metodica imprenditoriale.
Gli è riuscito di riversare tutta questa energia da trasformista in un’Oasi naturale a 40 km da Milano, ed ora i suoi sogni viaggiano leggeri lungo i sentieri del parco, sfiorano le mountain bike e gli escursionisti in corsa, zampettano dietro le faine, i ghiri e gli scoiattoli. Più di uno scettico, che venga a farsi un giro in questo “mondo a parte” (copyright Besana), dovrà ricredersi, e arrendersi all’evidenza dei sogni che si trasformano in realtà. Ma nemmeno può esser vero che questo mezzo miracolo, relativo ai sogni, si verifichi sempre e comunque. Certo che no: tutto si trasforma solamente quando lo merita la testa che li partorisce.
Per informazioni: www.oasigalbuserabianca.it
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