Shiroya porta a Roma la cucina giapponese autentica
È la cucina tradizionale giapponese quella che è possibile gustare a Roma a Campo de' Fiori da Shiroya, un angolo di Giappone nel quartiere più caratteristico della città, voluto da Sabrina Bai
26 aprile 2019 | 12:10
di Mariella Morosi
Dario Laurenzi e Sabrina Bai
«Quando ho pensato alla nascita di "Shiroya" - spiega Sabrina Bai - mi sono chiesta se chi ha conosciuto le nostre città ipertecnologiche ha compreso davvero la storia e la cultura gastronomica del nostro popolo, quella delle campagne e delle famiglie. Chi sa da cosa sia composto un tonkatsu, o come deve essere preparato il brodo di maiale del ramen tradizionale? Quando è giusto usare la soia, e che tipologia di riso va usato in un sushi creato dalle mani di un vero sushi chef giapponese? E quante varianti esistono del curry rice, di cui ognuno vanta la ricetta giusta?».
Il nome del locale prende origine dal cognome di Sabrina: infatti, Shiro e Bai utilizzano lo stesso ideogramma anche se con una pronuncia differente. Shiro significa Bianco e Ya significa “locale, casa”, per cui Shiroya è il “Ristorante Bianco”. Il logo del locale è un airone con il becco proteso verso l’alto che, nella cultura nipponica, rappresenta longevità, buona fortuna e pace. In questo locale si va molto oltre ai consueti sushi, nigiri o sashimi e se si seguono i consigli di Sabrina un percorso affascinante è assicurato. Le ricette sono autentiche, con tutto il rispetto dei tempi, degli equilibri e dei sapori. Difficile provare fuori dal Giappone la leggerezza del donburi, ciotola colma di riso da ricoprire con lo shakedon con sashimi di salmone crudo o con lo shake oyakodon, la versione cotta del pesce con le sue uova. Oppure il katsuodon, riso con una fetta di maiale fritta panata e accompagnata da salsa, piatto reso celebre da Banana Yoshimoto nel suo romanzo “Kitchen".
Il menu di Shiroya comprende piatti caldi e freddi tutti preparati in loco, anche quelli che prevedono lunghi procedimenti. Tra gli antipasti sono da provare il tamagoyaki, la tipica omelette, e la Chasyu, l’arrosto di pancetta di maiale maiale arrotolata su se stessa, bollita, poi brasata e infine cotta con salsa di soia. La Tonkatsu e la Chicken Katsu sono cotolette di maiale e di pollo che vengono prima panate e fritte e successivamente cotte con cipolline e salsa katsu. Poi sono coperte dall'uovo che si cuoce con il calore. Poco conosciuto in occidente, è il chawanmushi, budino di uova preparato con acqua, funghi e cotto molto lentamente al vapore all’interno della ceramica stessa in cui viene servito. Viene completato da una polpetta di pesce insieme a vongole e a uova di salmone.
Immancabili gli Gyoza, i tipici ravioli con pollo o maiale o verdure miste, e poi i nigiri, uramaki,, hosomaki e sashimi. Molto particolare il kaisen chirashi con il sashimi sul riso. Non può mancare l'anguilla fresca sfilettata, stesa e bollita e poi messa su spiedini e grigliata con una salsa preparata con soia e scarti dell’anguilla stessa: una procedura ripetuta molte volte. Varie anche le tipologie di ramen , dalla versione vegetariana con miso allo shoyuramen fatto con brodo di carne cotto per 12 ore con tutte le carni e le verdure fino al kaisen ramen al sale con un brodo delicato con alghe, pesce, calamari, capasanta, calamari, polpette di pesce. Sono disponibili anche vari tipo di sake, da gustare caldi o freddi.
Per gli allestimenti interni sono stati studiati e realizzati elementi tradizionali dei piccoli locali popolari giapponesi come le tavolette in legno, piccolo mosaico a parete che rappresenta il menu di Shiroya o il noren, la tenda esterna come insegna di ristoranti e negozi. Tutta la grafica, disegnata a mano, è ispirata a quella del maestro di animazione Hayao Miyazaki che ha sempre dedicato un'attenzione particolare alla rappresentazione del cibo.
In allegato il menu completo del ristorante.
Per informazioni: www.shiroya.it
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