L'Alto Adige pronto al lockdown duro: «Gli ospedali rischiano il collasso»

09 novembre 2020 | 13:43
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In principio era il lockdown "light", quello sul modello tedesco per non paralizzare l'Italia intera. Poi sono arrivate le regioni colorate a seconda del rischio contagio. E ora si parla già di inasprimento ulteriore: per esempio l'Alto Adige, diventato dal 9 novembre zona rossa, presto potrebbe applicare addirittura un lockdown "duro".



Escalation di restrizioni in Alto Adige: dopo la zona rossa, in arrivo il lockdown duro

L'allarme è stato lanciato dall'assessore alla Sanità Thomas Widmann, che ha detto all'Ansa: «Non abbiamo alternative, altrimenti collassa l'intero sistema sanitario». Per poi aggiungere: «I danni collaterali sarebbero devastanti se gli ospedali non dovessero più garantire chemioterapie e interventi chirurgici».

Il caso finirà sul tavolo della giunta provinciale martedì 10 novembre. Secondo Widmann «siamo oltre il tempo massimo, i campanelli d'allarme non possono più essere ignorati». Una situazione che, dati alla mano, è pure peggiore rispetto alla prima ondata: «A marzo abbiamo chiuso tutto con 42 casi Covid in Alto Adige, ora registriamo 750 nuovi contagi al giorno e c'è ancora chi non capisce e si lamenta delle restrizioni».

Ma cosa significherebbe lockdown duro? Anche le elementari e la prima media passerebbe alla didattica a distanza e le attività economiche verrebbero ridotte al minimo. L'assessore chiede poi test a tappeto: «Siamo partiti con 30 tamponi al giorno, ora ne facciamo anche 4mila, questo è importantissimo». Secondo Widmann «già adesso la pressione sugli ospedali è enorme, abbiamo garantito la vita pubblica il più lungo possibile, ma ora va presa una decisione netta, se vogliamo evitare gli ospedali da campo».

E pensare che solo a fine ottobre a Trento volevano tenere i ristoranti aperti fino alle 22, invece della stretta delle 18. Poi, visto il precipitare della situazione epidemiologica, era stato deciso un allineamento con le restrizioni del Dpcm. Ora siamo arrivati al lockdown duro.

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Alberto Lupini


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