Val d'Aosta, legge bocciata. Stop a bar e ristoranti

14 gennaio 2021 | 15:55
Brutta notizia per i bar e i ristoranti della Val d’Aosta. Il 9 dicembre scorso la Regione aveva dato il suo via libera a misure anti-Covid più leggere rispetto a quelle disposte dal Governo a livello nazionale, ma la Corte Costituzionale ha bloccato tutto accogliendo il ricorso esposto dallo stesso Governo.


Aosta, tornano le restrizioni per bar e ristoranti

Si tratta di un ultimo atto di una durissima polemica sulle misure anti-Covid che oppone il governatore valdostano Erik Lavevaz, a capo di una giunta sostenuta da una maggioranza di progressisti e autonomisti, al governo e in particolare al premier Giuseppe Conte e al ministro della Sanità Roberto Speranza.

Si tratta della prima volta che la Corte Costituzionale sospende, in via cautelare, una legge, come avvenuto oggi in relazione alla legge regionale della Valle d'Aosta che consentiva l'applicazione di misure meno restrittive di quelle statali sull'emergenza Covid. La questione sulla sospensiva richiesta dal governo è stata trattata ieri in camera di consiglio, e oggi è stata resa nota la decisione della Corte, che ha già depositato l'ordinanza con le motivazioni. La legge che consentiva la riapertura di bar e ristoranti e di tutta un'altra serie di attività, nonostante la Vallée si trovasse ancora in zona arancione, è stata dunque immediatamente sospesa.

La Corte accogliendo l'istanza proposta, in via cautelare, dal presidente del Consiglio dei ministri nell'ambito del ricorso contro la legge regionale, ha ritenuto che sussista il "fumus boni iuris", considerato che gli interventi consentiti dal legislatore regionale riguardano la materia della profilassi internazionale, riservata alla competenza esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, della Costituzione). Il che non esclude diversificazioni regionali della disciplina, adottate nel quadro di una leale collaborazione tra Stato e Regioni.

La Corte ha ritenuto inoltre che l'applicazione della legge fino alla trattazione nel merito della questione - fissata per il 23 febbraio 2021 - potrebbe comportare «il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico» a una gestione unitaria dell'epidemia a livello nazionale nonché «il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone».

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Alberto Lupini


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