Airbnb, la stretta di Federalberghi Sì alla cedolare per contrastare gli abusivi

21 novembre 2016 | 10:47
Airbnb torna a far discutere si sé. A poco più di una settimana dall'emendamento proposto dal Partito democratico, al disegno di legge di Bilancio, che prevede l'introduzione della cedolare secca al 21% per gli affitti di casa tra privati, interviene il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca. «Nessuna guerra contro Aibnb», dichiara Bocca in un'intervista al Corriere della Sera, «Il nostro è semplicemente uno scontro tra onesti e abusivi».

La posizione del presidente di Federalberghi è in contrasto con quella del premier Matteo Renzi, che aveva già annunciato che la legge di Bilancio non introdurrà nuove tasse, nemmeno per quanto riguarda Airbnb. Bocca tiene però a precisare che in questo caso non si tratterebbe di una nuova tassa, bensì di un'imposta che tutti quelli che aderiscono al portale in qualità di proprietari di casa dovrebbero già pagare.



Una tassa in sostanza che dovrebbe servire anche per contrastare il fenomeno dell'evasione e garantire maggiore trasparenza. «Ci sono società - continua Bocca sul Corriere della Sera - che si nascondono dietro nomi che, guarda caso, sono gli stessi per centinaia di appartamenti. Nel 2008 c’erano 207 strutture commercializzate su quel portale, oggi ce ne sono 220mila. È il business degli ultimi anni».

Non si tratta di regolamentare un business di case che si affittano solo per pochi giorni, la questione è molto più complessa al punto che: «Il 79% di questi alloggi - spiega Bocca - viene affittato per oltre sei mesi l’anno. E il 70% non è mai stato abitato da nessuno prima che il proprietario iniziasse questo tipo di business».

E se è vero che il turismo è una delle punte di diamante del Belpaese, è altrettanto vero che il settore risente molto dell'assenza di una chiara regolamentazione del settore. Molti proprietari affittano senza licenza, altri si fanno pagare “in nero”, altri ancora non rispettano le norme igienico sanitarie previste...

«Negli altri Paesi - conclude Bernabò Bocca - le tasse le pagano. A Barcellona chi vuole affittare un appartamento deve avere la licenza. A New York contratti di locazione inferiori a trenta giorni possono essere gestiti solo da strutture ricettive. A Parigi devono essere messi sul registro pubblico e far pagare la tassa di soggiorno... Da noi, invece, c’è un tale sommerso che questa estate che andava talmente di moda il Salento da far registrare un boom di presenze del 20% in più, gli alberghi hanno avuto addirittura un calo di presenze dell’1%».

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Alberto Lupini


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