Come creare una carta dei vini per far viaggiare i tuoi clienti

La carta dei vini è un elemento su cui puntare. Se pensata bene, può portare fino a un 30% in più di vendite a servizio, ma occorre anche avere del personale capace e preparato. Giacomo Pini, consulente ed esperto di marketing della ristorazione ha studiato il modo per ottimizzarla grazie alla tecnica del menu ingegnerizzato

08 maggio 2023 | 05:00
di Martino Lorenzini

Un viaggio intorno al mondo, alla scoperta di paesaggi, nicchie geografiche e curiosità di un territorio. È quello che si può provare sfogliando le moderne carte dei vini; ricche di nomi, percentuali e riferimenti geografici, in grado di far viaggiare con la mente il commensale. A patto che siano state pensate con il giusto criterio e che ci sia poi qualcuno in sala in grado di raccontarle e di vendere al meglio ciò che propongono.

Se pensata  bene, una carta dei vini può infatti portare fino a un 30% in più di vendite a servizio, ma occorre anche avere del personale capace di vendere il vino. Giacomo Pini, imprenditore, ceo e fondatore di GpStudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo, nonché autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L’Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali" spiega come comporre al meglio questo importante strumento di vendita.

I punti chiave:

I vantaggi di una buona carta dei vini 

Per Giacomo Pini, possedere una carta dei vini in grado di soddisfare i gusti del cliente significa alzare di molto i valori degli scontrini.

«Se parliamo di un format di ristorazione, come per la carta del dessert, la carta dei vini merita un’attenzione speciale rispetto alla carta principale - ha premesso il fondatore di GpStudios - Se pensata con criterio, può infatti portare fino a un 30% in più di vendite a servizio. Ma ovvamiente per raggiungere questo risultato è necessario avere una buona cantina e soprattutto personale capace di vendere il vino». 

Come applicare l’ingegneria del menu alla carta dei vini

Per Pini è possibile applicare l’ingegneria del menu (menu engineering è la scienza che si dedica esclusivamente alla realizzazione del menu, attraverso la psicologia e marketing riuscendo a influenzare le scelte dei clienti) anche alla carta dei vini.

«È uno degli ingredienti principali per far sì che la carta vini non sia un semplice elenco delle bottiglia della cantina di un locale bensì un vero e proprio strumento di vendita - ha spiegato Pini - Bisogna pensare anzitutto bene alla scelta del formato, del contenitore e del contenuto. Interessante, per esempio, la scelta di chi usa un menu con icone, immagini e nomi identificativi e che stimolano la curiosità, oltre che inserire le solite indicazioni, certamente fondamentali, ma che a volte da sole non sono sufficienti. Nel costruire la carta dei vini, oppure la drink list contenente cocktail da abbinare alle pietanze del menu, bisogna pensare di rispondere innanzitutto a una necessità di fruibilità e facilità di lettura da parte del cliente: per questo bisognerebbe categorizzare i vini (o i drink) utilizzando alcuni parametri. Ad esempio, per origine, tipologia, pietanze. Poi bisogna rispondere alla necessità di conoscenza, guidando la scelta del cliente affinché il lato beverage non sia mero accessorio, ma parte integrante dell’esperienza, proponendo abbinamenti e inserendo descrizioni costruite secondo le tecniche dello storyselling». 

 

I consigli per una carta dei vini performante

Per Pini, il primo aspetto da considerare è «creare una carta vini in linea con l’identità del locale. Poi è fondamentale renderla dinamica, magari puntando sulla stagionalità. Infine, mai dimenticare il concetto di pairing (ovvero, l’arte di associare il vino ai piatti, ndr), che ormai da tendenza passeggera si è consolidato come strategia di vendita capace di arricchire l’esperienza del cliente tanto quanto le tasche del ristoratore». 

Come calcolare il prezzo di vendita di una bottiglia di vino

Per Pini «se è vero che il ricarico su un calice di vino può arrivare al 500% e al 250% per una bottiglia, non sempre è possibile gonfiare troppo i prezzi, soprattutto se non stiamo parlando di vini pregiati e di difficile reperibilità.  In generale per determinare il prezzo di vendita per ogni bottiglia di vino, bisogna tenere conto del prestigio dell’etichetta, ovviamente del costo d’acquisto e di un coefficiente di marginalità che varia a seconda dalla tipologia di vino». 

Come calcolare il prezzo del vino al calice

Giacomo Pini e il suo staff hanno studiato anche quale sia il prezzo migliore da dare a un calice di vino. «Tutto dipende dalla tipologia di vino e dalle pietanze a cui viene abbinato - ha ripreso il fondatore di GpStudios - Da una bottiglia di bollicine posso ricavare sei bicchieri mentre da un rosso importante quattro. Ovviamente questo va a incidere sul prezzo di vendita del calice, così come anche i volumi di vendita di uno e dell’altro». 

Come calcolare il prezzo dei cocktail

Oltre a pensare e a redigere un’efficace carta dei vini si possono utilizzare le stesse tecniche per i cocktail. «Il discorso è simile al calcolo del prezzo dei piatti in menu che partono dal food cost - ha spiegato Pini - Si parte da lì e poi si sfruttano le tecniche di pricing strategico, passando per un’analisi dettagliata di mercato e per la definizione di una strategia di penetrazione (prezzo medio/basso per fetta di mercato più ampia) o scrematura (prezzo medio/alto colore nicchia o segmento ristretto) dello stesso, per arrivare al numero da inserire in carta, che possa garantire profitto. Nel calcolo bisogna considerare ovviamente anche la quantità di ghiaccio e le guarnizioni». 

 

 La differenza tra drink list e carta vini 

Nello stilare una drink list entrano in scena diversi aspetti che non vengono considerati quando si stila una carta dei vini. 

«In questo caso l’estro del bartender sostituisce quello di chi sta in cucina – ha spiegato il fondatore di GpStudios - La drink list per un cocktail bar è il fulcro della vendita. La missione potrebbe essere quella di insegnare al cliente a bere bene, fargli provare cose nuove. Sì quindi all’inserimento dei classici, che non possono mai mancare anche se rivisti con un twist, ma anche di un signature drink e qualche miscelazione particolare: questo contraddistingue la carta di un cocktail bar da un bar classico che serve aperitivo». 

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Alberto Lupini


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