La cucina italiana non è un circo!

Dal punto di vista di noi cuochi, gli intenti e lo scopo del progetto realizzato da Oscar Farinetti sono pregevoli. Se solo non fosse una realtà impostata come attrattiva commerciale, a mo’ di circo

06 settembre 2019 | 08:37
di Rocco Pozzulo
Fico Eataly World di Bologna è in crisi. I bilanci economici non brillanti mettono in evidenza le problematiche di questa, definita da qualcuno, “Disneyland al ragù”. I costi di gestione aumentano e i sempre maggiori debiti con le banche pongono ombre sul suo business e la sua futura ed effettiva crescita di “attrattiva” commerciale. Il parco del cibo è il più grande del mondo nel suo genere, si estende su ben 10 ettari e racchiude la meraviglia della biodiversità agroalimentare del nostro Paese. In un unico luogo è possibile conoscere la cultura, le tradizioni e i mestieri che fanno del cibo italiano il più rinomato al mondo. Fico Eataly World si propone anche come palestra di educazione sensoriale al cibo e alla biodiversità, dove le nostre meraviglie eno-culinarie sono presentate e narrate dalla terra fino al piatto o al bicchiere.


La cucina italiana non è un circo!

La società finanziaria fondata ad hoc, di proprietà della famiglia Farinetti, sperava in breve tempo di ammortizzare parte dei debiti e ripercorrere i primi successi delle aperture della catena dei suoi negozi a marchio “Eataly”. Prospettava inoltre il veloce ingresso in borsa delle sue società, ma con i loro attuali bilanci è abbastanza difficile l’approdo a Piazza Affari di Milano. Niente quotazione in borsa, quindi. Si prospetta solo l’intervento di un certo Jack Ma del colosso dell’e-commerce Alibaba oppure un fondo immobiliare, sempre cinese, che ne garantirebbe orizzonti più rosei. Altra ed ennesima nostra azienda in mano a società straniere...

Tutto ciò mi rammarica e mi addolora, sia come italiano che come cuoco. La Federazione italiana cuochi, che rappresento, come sempre non entra nel merito delle questioni gestionali delle aziende e delle loro politiche. Ciò che preoccupa è che sono a rischio posti di lavoro di tante persone e sane aziende dell’enogastronomia che hanno investito in quel luogo simile ad una Mecca. La struttura è bella, così come gli intenti, ma io sono convinto che i cultori del buon cibo e delle nostre tradizioni vadano in quei luoghi dove si respira e dove nasce il prodotto godendone appieno l’espressività culinaria e non in un padiglione fieristico.

Mi rivolgo a lei signor Oscar Farinetti. Con tutto il rispetto verso la sua persona e la sua indiscussa genialità imprenditoriale, voglio esternarle un mio pensiero. La cultura enogastronomica italiana è frutto di sapienti intuizioni, di duro e sodo lavoro dei nostri predecessori e di una grandissima biodiversità unica al mondo, e aggiungo - sarà d’accordo con me - anche frutto dell’opera di noi cuochi. Tutta questa nostra “risorsa” invidiata dal mondo intero va coscientemente e meritatamente rispettata e non tramutata in attrattiva da baraccone o fenomeno da circo. Spero non me ne voglia... Un augurio di buon lavoro a tutti.

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Alberto Lupini


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