Formazione se c'è professionalità Altrimenti veri barman non si diventa

Corsi online, maestri improvvisati, docenti senza esperienza sul campo: la formazione dovrebbe sempre essere sempre garantita e fatta da chi ne ha le competenze. Non si diventa barman in un attimo

16 aprile 2019 | 10:15
di Ernesto Molteni
L’attività più importante del nostro settore è sicuramente la formazione professionale. Fino agli anni '70-'80 praticamente non esisteva. A parte l’infarinatura classica d’impostazione che dava la scuola alberghiera, il mestiere vero e proprio lo si apprendeva facendo la “gavetta”, lavorando con tanti maestri. Questi innanzitutto ti insegnavano il giusto modo di comportarsi, di muoversi, di relazionarsi, di vestirsi e lavarsi, arrivando al lavoro ben pettinati e rasati; tutto questo oggi non lo si insegna più.



Dal punto di vista tecnico, i maestri del tempo non erano molto propensi a svelare i loro segreti, perché la conoscenza  era faticosamente ottenuta dopo anni di esperienza lavorativa e, secondo loro, non era giusto che il giovane la apprendesse subito, senza fatica e sforzi. Da qui, quella continua fame di apprendere e soprattutto di “rubare” il mestiere con l’occhio, atteggiamento tipico dei barman di una volta. Poi finalmente sono arrivati i famigerati corsi per barman negli anni '80-'90, gestiti da chi era in grado, vale a dire le associazioni professionali, ai tempi forti e ricche di grandi figure del settore.

Attualmente tante informazioni sono disponibili grazie a internet, ma al riguardo c’è anche tanta confusione. Ci sono poi scuole private, accademie brandizzate e sponsorizzate, corsi privati di ogni genere gestiti da chiunque per meri motivi commerciali. Talvolta questi corsi vengono venduti a prezzi stracciati per motivi di concorrenza, tuttavia le vigenti normative di legge amministrativa e fiscale che impediscono - quando ogni aspetto del corso è a norma - di poter proporre tali esperienze formative a costi così bassi, spesso di poche centinaia di euro.

Un prerequisito fondamentale per l'insegnamento in questo settore non deve mai essere scordato: un barman che forma deve essere dotato di tecniche che solo una scuola universitaria può conferire, oltre che possedere una grande esperienza lavorativa così da riuscire a trasmettere la passione per il lavoro, la cultura deontologica e l’etica professionale. Oggi invece alcuni giovani barman si spacciano già come maestri dopo 2-3 anni di master accademici, diventando brand ambassador di qualche azienda e costruendo la propria notorietà sui social. Senza contare poi quanti insegnanti, in particolar modo nelle scuole alberghiere, fanno i docenti subito dopo la scuola senza aver avuto esperienze lavorative (tipico problema italiano).

In questo contesto, però, a rimetterci sono proprio i giovani che vogliono apprendere il nostro mestiere, i quali credono di poter raggiungere i propri obiettivi in poco tempo, ma questo è sbagliato. C’è questa brutta tendenza a ricercare il più possibile con i minimi sforzi, tipico della società moderna.

Non si diventa barman in poco tempo, non si diventa maestri di scuola bar in 2-3 anni: questo è il messaggio che vogliamo dare. È giunta anche l’ora di professionalizzare i corsi anche a livello normativo e qui dovrebbe intervenire lo Stato. Chi insegna deve essere in possesso di una certificazione formativa universitaria, di un rispettabile curriculum di esperienze lavorative e di tecniche di comunicazione idonee per l’apprendimento. Per il bene della nostra categoria e il futuro dei nostri giovani cerchiamo di procedere in questo modo.

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