Con la geografia enogastronomica un nuovo approccio alla cucina

La cucina diventa meraviglia quando fa sognare, quando fa viaggiare il cliente. La conoscenza diretta dei territori è la chiava di volta per un nuovo approccio alla cucina e soprattutto alla gestione della sala

20 ottobre 2017 | 08:51
di Guerrino Di Benedetto
Da anni ormai la ristorazione è cambiata e ancora cambierà, i nuovi modelli ristorativi o “format” vanno sempre di più nella direzione del prodotto, ovvero vanno sempre di più alla ricerca di esso. Oggi, almeno nelle grandi città, il prodotto enogastronomico, anche grazie alle varie manifestazioni che ormai attanagliano i vecchi modelli di ristorante, è venuto fuori con tutta la sua potenza evocativa; si è creato intorno a questo un marketing che sta coinvolgendo sempre di più il cliente.



Alla base di tutto ci sono però i territori, le persone, le tradizioni e soprattutto la geografia. Potrà sembrare strano ma questa “materia”, che una volta si studiava con molta attenzione, oggi purtroppo latita e ciò avviene ancor di più negli istituti scolastici che dovrebbero formare le nuove leve della ristorazione. Ricordo da piccolo le gare con gli amici a chi sapeva più capitali... Tempo fa un’indagine del Corriere della sera metteva in evidenza le carenze degli italiani in questa materia.

Ma pensiamo alla ristorazione, che cosa sarebbe un cameriere o un cuoco senza le Langhe, il Chianti, la Lomellina o l’Oltrepò; a volte queste conoscenze si danno per scontate ma non lo sono e persino i giovani, che pure con i moderni mezzi di comunicazione potrebbero sapere tutto dei territori, non si impegnano. Così pure molti addetti, con anni di esperienza alle spalle, conoscono i nomi o la geografia ma non vi sono mai stati, ma hanno mai visitato la Daunia o la Valtellina. Purtroppo hanno lasciato questa incombenza ai professionisti della comunicazione enogastronomica, che ormai sono diventati una sorta di “bigino” di cuochi, camerieri e ristoratori. Arrivano alle fiere, leggono qualche guida e pensano di sapere tutto.

Oggi, a mio parere, i territori vanno conosciuti, visitati e vissuti. La geografia enogastronomica deve essere una materia di studio, un modo per coinvolgere il cliente nelle storie degli “Artigiani del Gusto”. Chi ha fatto questo - e sono in tanti - ha aperto locali di successo perché, attraverso il prodotto e il territorio, ha reso il cliente protagonista, ha creato un nuovo marketing di tipo evocativo e un po’ anche sognante. Del resto già gli antichi Romani, per bocca del famoso personaggio Nasidieno che Orazio racconta nella sua VIII Satira, diceva: «Insomma: il fin del cuoco, di quello vero e dotto s’intende, è la meraviglia».

Cari lettori, la cucina, a mio modesto avviso, diventa meraviglia quando fa sognare, quando fa viaggiare il cliente. In questo la geografia enogastronomica e la conoscenza diretta dei territori è la chiava di volta per un nuovo approccio alla cucina e soprattutto alla gestione della sala.

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Alberto Lupini


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