Lavoro nei campi, 50mila posti con i voucher semplificati

È la stima che Coldiretti porterà al tavolo convocato dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla vigilia della vendemmia, dove i buoni lavoro sono stati introdotti per la prima volta in Italia

05 agosto 2019 | 19:03
Cinquantamila nuovi posti di lavoro, grazie a una semplificazione dell'attuale normativa sui voucher. La stima è di Coldiretti e sarà presentata al tavolo di lavoro che il premier, Giuseppe Conte, ha convocato in vista della vendemmia 2019. «In campagna - spiega Coldiretti - non si sono verificati gli abusi di altri settori, anche perché i beneficiari possono essere soltanto disoccupati, cassintegrati, pensionati e giovani studenti che non siano stati operai agricoli l’anno precedente. Meno del 2% del totale dei voucher è stato in passato impiegato in passato in agricoltura dove sono nati e rappresentano un valido contributo all’emersione del lavoro sommerso».

Con i nuovi voucher, il lavoro nei campi potrebbe guadagnare 50mila posti

Per l’associazione, è importante assicurare al settore uno strumento che semplifichi la burocrazia per l’impresa, sia agile e flessibile rispondendo soprattutto ad un criterio di tempestiva e disponibilità all’impiego e dall’altra sia in grado di garantire forme di integrazione del reddito alle categorie più deboli in un momento in cui ne hanno particolarmente bisogno. «È fondamentale poi - dice il presidente, Ettore Prandini - ridurre i costi per le imprese per colmare il divario con il resto dell’Unione europea attraverso il taglio del cuneo fiscale. Abbassando il costo del lavoro si potrebbe destinare il risparmio ottenuto ai lavoratori che avrebbero così più risorse da spendere per i consumi innescando un moltiplicatore di ricchezza utile alla ripresa. Inoltre verrebbe recuperato quello svantaggio competitivo con Francia e Spagna dove il costo del lavoro è più basso e la burocrazia più snella rispetto all’Italia».
 
Con una vera semplificazione burocratica e riducendo i costi per imprese e lavoratori si potrebbe così valorizzare ancora di più un settore come quello agroalimentare italiano che vale 205 miliardi, pari al 12% del Pil, ricorda Prandini, e rappresenta il vero simbolo del Made in Italy con 41,8 miliardi di euro di esportazioni. Una capacità di presenza sui mercati esteri che va anche sostenuta con lo sviluppo del ruolo dell’ICE, un’Agenzia unica che accompagni le imprese verso l’internazionalizzazione, potenziando al tempo stesso il ruolo delle Ambasciate con l’introduzione di principi di valutazione legati al numero di contratti commerciali.

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Alberto Lupini


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