Un mondo che lavora a tu per tu Quando il working non è smart

Non solo gli operatori sanitari, ma anche cassieri, commessi, runner, corrieri, facchini, camionisti, operai, braccianti. Un esercito al servizio della pubblica utilità. Oltre al rischio, in alcuni casi, lo sfruttamento

24 marzo 2020 | 11:57
Medici, infermieri e operatori sanitari a bordo delle ambulanze in prima fila, dietro di loro un esercito di persone al servizio della pubblica utilità: cassieri, commessi, rider, runner, corrieri, facchini, camionisti, operai e braccianti. E poi i colletti bianchi in banca e gli impiegati delle poste, non più protetti da un vetro come in passato.

Una popolazione variegata, con stipendi anche molto differenti, accomunata dal lavoro a tu per tu, altro che smart working.

«La gente vive di fretta, non osserva la distanza di sicurezza – ha raccontato un dipendente di Esselunga a Il Fatto Quotidiano – Da noi i clienti si mostrano scocciati, non capiscono che si devono osservare queste direttive per il bene di tutti».

Sempre sul fronte approvvigionamento, ma siamo nel settore delivery food, se da un lato le app più conosciute promuovono la consegna “senza contatti”, dall’altro sindacati e collettivi hanno chiesto il blocco del servizio. Domanda inevasa.

Gli addetti alle pulizie negli ospedali rappresentano poi una ferita aperta nel sistema: 7 euro all’ora con turni massacranti, come testimoniato dalla Filcams Cgil.  E in parallelo l’agricoltura, con la piaga del caporalato che non conosce stagioni e dei virus se ne infischia. «Braccianti africani ammassati ogni mattina all’alba nei pullmann verso i terreni – si segnala da Flai Cgil – Sono ospitati in tendopoli o strutture occupate a volte senza acqua corrente». Un crimine, una vergogna e un invito a nozze per Covid-19.    

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Alberto Lupini


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