Pizza tra nuove tendenze e tradizione Farcitura a caldo oppure a freddo?

25 settembre 2017 | 09:33
di Gabriele Ancona
Con fatica e impegno il mondo della pizza negli ultimi anni ha saputo risalire la china. Un percorso a quattro ruote motrici per tirarsi fuori da quel pantano culturale dove era stata relegata da una clientela piatta e una ristorazione altra (con annessi i critici) un po’ snob, termine inteso nel suo significato etimologico: “sine nobilitate”. Intendiamoci, la pizza ci ha messo anche del suo per stagnare in purgatorio, più per faciloneria che per assenza di punti di forza.



Non avendo mai conosciuto crisi, non si è posta il problema di fare quel passo in più. I bravi pizzaioli hanno sfornato con regolarità pizze da antologia e quelli improvvisati o hanno chiuso bottega o hanno tirato a campare in compagnia di una clientela senza palato. Poi il risveglio, merito di professionisti e di aziende che hanno avuto il coraggio di alzare la testa e gridare ai quattro venti che la pizza è sì un piatto della nostra gastronomia povera, ma è anche una ricetta dalle mille potenzialità e di tutt’altro che semplice realizzazione. A partire dall’impasto.

Così, mentre la ristorazione di mezzo negli anni della crisi ha annaspato, le pizzerie che si sono rimboccate le maniche sono andate in controtendenza. I corsi di formazione e aggiornamento professionale che si sono sviluppati a macchia di leopardo sul territorio nazionale hanno poi forgiato un paio di generazioni di pizzaioli di valore. La pizza è diventata un piatto di tendenza, ancor prima che i media, per saziare un pubblico globale, trasformassero i cuochi in divinità.

Tornando sulla terra, lo stato dell’arte dell’alimento pizza oggi vede standard elevati sia sul fronte della tradizione sia su quello della creatività. Puristi e futuristi vanno a braccetto, perché applicano il massimo rigore nel rispetto e nell’esaltazione dei fondamentali: impasto, materie prime, abbinamenti e cottura. Ma la pizza è pur sempre l’espressione di un professionista che la interpreta in ogni sua declinazione secondo la propria sensibilità, cultura, esperienza.

Per quanto riguarda il rapporto tra farcitura e forno, per esempio, alcuni ingredienti vanno a cottura, altri no, altri ancora possono essere infornati o aggiunti in uscita prima del servizio. Farcitura a caldo o a freddo, quindi? «Il pomodoro - spiega Vincenzo Iannucci, Pizzeria Antonio e Gigi Sorbillo di Napoli - va bene in entrambi i casi, in forno d’inverno e in uscita d’estate. Ma bufala e pomodorini sviluppano meglio il loro sapore aggiunti a freddo. La scuola della tradizione era più orientata al tutto in cottura, mentre le tendenze attuali prediligono la farcitura in uscita, fino al pesce crudo. Si sperimenta molto. Aggiungere su una focaccia in uscita dal forno scarola con crema di fagioli, burrata, capperi e olive mi dà molta soddisfazione».

Renato Andrenelli, titolare a Morrovalle (Mc) della pizzeria Da Renato e presidente dell’Associazione pizzaioli marchigiani, ricorda che i salumi stagionati vanno aggiunto a freddo, perché non hanno bisogno di una doppia cottura, mentre i funghi vanno infornati per abbatterne la carica batterica. «È fondamentale - annota - conoscere bene gli ingredienti e come possono essere abbinati al meglio. Le materie prime vanno studiate a fondo per servire alla clientela una pizza buona, ma soprattutto digeribile».

La battuta di Rino Francavilla, storico patron della pizzeria Garden di Milano, è improntata al pragmatismo: «Tutto ciò che è cotto va cotto, tutto ciò che è crudo va crudo. La cottura, bisogna ribadirlo, non è un aspetto banale in pizzeria; non è sufficiente infornare. Prevede modalità e passaggi differenti a seconda degli ingredienti. Le verdure, per esempio, preferisco prima grigliarle».

«Oggi esistono scuole di pensiero diverse - interviene Giorgio Sabbatini, Campione del Mondo 2017 di Pizza Classica e responsabile ricerca e innovazione progetto pizza di Love.it a Milano - poichè viviamo in un mondo in evoluzione dove il crudo su una pizza stimola anche il senso estetico, ma non ci si deve fermare lì. Quello che conta è la competenza e la conoscenza delle materie prime: non tutti gli ingredienti vanno in forno e non tutti in uscita. Anche l’impasto è determinante. Ci sono basi che si sposano con ingredienti cotti e altre con crudi. Un’integrale 100%, per esempio, a fine cottura è perfetta per accogliere un pomodoro, che si esprime sprigionando il gusto e mantenendo la consistenza».

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