Rider, tutele a rischio con la crisi di Governo

Il documento licenziato il 6 agosto «salvo intese» necessita di altri passaggi e con la caduta dell’Esecutivo i tempi si allungano. E in caso di rincaro dell’Iva, prezzi su anche per cibo e bevande . Le associazioni dei consumatori stimano a 1.200 euro a famiglia la stangata per i prossimi due anni

21 agosto 2019 | 14:41
L’onda lunga della crisi di Governo rischia di coinvolgere tante categorie di lavoratori, in attesa dell’attuazione dei decreti approvati nelle scorse settimane dall’Esecutivo. Il cambio della guardia a Palazzo Chigi e una nuova maggioranza potrebbero frenare l’entrata in vigore del provvedimento, tra gli altri, che riguarda i rider.

Tutele a rischio per i rider con la crisi di Governo

Da mesi gli addetti alle consegne di cibo a domicilio stanno aspettando soluzioni per mettere ordine a un settore che ancora manca di tutele per i lavoratori. In questo senso andava il decreto approvato «salvo intese» dal Consiglio dei ministri il 6 agosto scorso: il provvedimento prevede che l'impresa titolare della piattaforma digitale, debba farsi carico della copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Inoltre, per il trattamento economico dei rider il Dl riconosce la possibilità di utilizzare il cottimo misto, ovvero un importo pagato come lavoro a cottimo in misura non prevalente, in aggiunta ad una retribuzione a tempo. La retribuzione base oraria è riconosciuta a condizione che per ciascuna ora lavorativa il lavoratore accetti almeno una chiamata. Ora queste nuove regole rischiano di saltare, proprio a causa della crisi che impedisce di fatto gli ultimi passaggi, prima dell’approvazione definitiva.

Nel frattempo prende forma anche lo spauracchio dell’aumento dell’Iva a partire dal 2020. Dalla pizza al caffè, ai prodotti alimentari, sono moltissimi quelli che aumenterebbero di prezzo. Secondo una stima del Codacons, se scattasse il ritocco dell’Iva l'aggravio per ogni famiglia sarebbe di circa 1.200 euro nei due anni successivi.

L'eventuale rincaro dell'Iva si sentirà anche nel carrello della spesa

L’associazione ha fatto qualche esempio: se l’Iva passasse dal 22% attuale al 26,5% previsto, 500 grammi di caffè acquistati al supermercato, ad esempio, costeranno 6,64 euro (al posto dei 6,40 euro attuali), mentre una bottiglia di birra da 0,66 passerà dai 1,55 euro di oggi a 1,61. E anche chi preferisce bere Coca Cola non sarà risparmiato dall’aumento: una bottiglia da un litro e mezzo passerà da 2,05 euro a 2,13 euro.

Per i beni che oggi sono tassati al 10%, l’Iva passerà al 13%. In questo caso, caffè e cappuccino al bar costeranno 3-4 centesimi in più. Chi invece pranzerà fuori casa potrà pagare un tramezzino 2,37 euro (non più 2,30 euro) e una pizza Margherita 7,04 euro (invece di 6,85 euro). Al supermercato, invece, sugli scaffali si troverà un chilo di biscotti a 3,38 euro (e non 3,29 euro come oggi), una confezione da due pezzi di yogurt costerà 1,60 euro (e non più 1,55 euro) e una confezione da 6 uova passerà da 1,25 a 1,28 euro.

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Alberto Lupini


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