Roma, 81 euro per un pranzo veloce Polemica sul costo del servizio

Due hamburger, due cappuccini, un caffè americano in un locale di Roma fanno un conto da 81 euro. Cifra esorbitante per quello che può essere considerato un pranzo light . La notizia ha fatto il giro del web riaccendendo il tema “conti salati”

13 maggio 2019 | 10:54
di Federico Biffignandi
L’episodio è avvenuto a Roma - zona S.Pietro - nella mattinata del 9 maggio e ha suscitato non poche polemiche. Spesso si è parlato di episodi simili in alcune delle principali città turistiche italiane, Venezia su tutte. Non certo una bella pubblicità per la Capitale - già investita da innumerevoli e inaccoglienti problemi di svariata natura - anche se, va detto, bisogna sempre considerare che un episodio non può portare a generalizzare la situazione di un intero settore.



Ma siccome il fatto è accaduto e - stando alle opinioni dei clienti - non sarebbe la prima volta che il locale romano incappa in figure di questo tipo, va segnalato. Due hamburger a 25 euro appare uno sproposito, così come appare assolutamente fuori mercato il costo dei cappuccini nonostante siano segnati come “doppi” sullo scontrino. Basta considerare che in media, in Italia, un cappuccino costa 1,30 euro e per arrivare a 16 ce ne vuole: significa che è stato fatto pagare nettamente più del doppio.

E, se già sentiamo le voci di chi può sostenere il livello altissimo delle materie prime utilizzate per quel “menu”, non è possibile ammettere che il servizio venga fatto pagare il 10%. O meglio, da mettere in forte discussione non è tanto la quota del 10%, quanto proprio il fatto che la voce “servizio” sia stata messa sullo scontrino e considerata nel costo totale del pranzo. Un aspetto che appartiene ad altri Paesi, negli Stati Uniti soprattutto, ma che ormai non ha più nulla a che fare con la ristorazione italiana.


Ado Cursano

«In Italia non è usuale che il ristoratore riporti a scontrino la voce "servizio" - ha spiegato il vicepresidente onorario di Fipe, Aldo Cursano - è una norma che vige in altri Paesi, ma da noi no. Come Fipe ci siamo adoperati per fare in modo che costi come quelli del servizio o del coperto, rientrino nei prezzi dei piatti finiti proprio per evitare situazioni come quella di Roma che possono confondere un consumatore, magari poco attento nel leggere il menu. Siamo convinti che il concetto di trasparenza venga prima di tutto e che il nostro lavoro di ristoratori consista nel far stare bene una persona. Stiamo attenti, lavoriamo sempre con senso di reponsabilità coltivando quel sacro rapporto di fiducia con l'ospite che è un valore straordinario e imprescindibile».

Per sdrammatizzare, alcuni utenti sui social hanno provato a mettere d'accordo un po' tutti sostenendo che se si pranza con hamburger e cappuccino allora è giusto che il ristoratore applichi tariffe spropositate, a mo' di punizione. Il solito ritornello della Cucina italiana violentata insomma, come la polemica dei giorni scorsi del Parmigiano sul pesce che tanto ha fatto parlare.

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