Scuole alberghiere «Vi spiego perché non funzionano più»

Fabio Ometo ha 41 anni, è cuoco, insegna da 15 anni negli Istituti alberghieri e ha maturato esperienze in importanti cucine del mondo. Eppure ora deve accontentarsi di insegnare qualche ora nei corsi serali . La realtà è ben diversa da quella che ci si aspetterebbe in un Paese che vive di accoglienza e ristorazione

04 ottobre 2017 | 10:06
di Andrea Radic
Con buona pace di cuochi televisivi e pubblicitari che vogliono riformare la scuola con un bel discorso e quattro fotografie.


Fabio Ometo

Ometo, che sta succedendo?
Che la formazione seria, la preparazione dei docenti, l'esperienza, non hanno più valore, tutto il sistema di regole e certificazioni per la docenza sta saltando per aria. Io mi sono diplomato all'alberghiero F. De Gennaro di Vico Equense nel 1995, era mio insegnante Andrea Cannavacciuolo padre di Antonino che ha studiato lì come anche Gennaro Esposito. Dopo il diploma ho lavorato nove anni in giro per il mondo e poi ho deciso di dedicarmi all'insegnamento. Prima a Roma e poi a Napoli, passando anche per l'istituto Axel Munthe di Capri.

In quegli anni era meglio?
I nostri sono stati gli ultimi corsi tradizionali con diciotto ore di pratica, poi è cambiato tutto. Si è cominciato a far pratica in tutte le materie qualificanti, cucina, sala bar e ricevimento, ma con meno ore di laboratorio, poco di tutto senza approfondire nulla. I ragazzi ne uscivano con una visione molto confusa.

Cosa è cambiato da allora a oggi?
Io sono abilitato all'insegnamento, come previsto dalle normative del Ministero, che prevede un corso di abilitazione presso un'università, superato il quale si entra in classifica e quando si libera una posizione si diventa di ruolo. E aggiungo che l'abilitazione universitaria mi è costata la bellezza di 2.500 euro. Dal 2016 una novità, nonostante l'abilitazione, gli insegnanti devono fare un concorso per la cattedra. E va bene, mi dico, facciamo questo concorso e risulto essere 71° ma nel 2017 il Tar del Lazio decide che il semplice diploma alberghiero abilita alla docenza negli istituti stessi. Figuratevi, persone che non hanno mai insegnato nulla, senza nessuna esperienza, che dovrebbero formare i professionisti di questo vasto settore. Hanno vent'anni e già insegnano. Ma non è tutto, perché sempre il Tar e sempre quest'anno, decide di autorizzare anche persone senza abilitazione attraverso prove suppletive, fanno un concorso preparato ad hoc per loro e lo superano tutti, brillantemente e con voti altissimi. Questi ultimi diplomati non vengono accodati alla classifica già esistente ma inseriti "a pettine" così mi vedo passare in 88ª posizione.

Una situazione non esattamente ideale…
Io sono un cuoco, in questi quindici anni ho sempre portato avanti la mia attività parallelamente alla docenza, mi sono sempre evoluto, per mantenere aggiornato il mio insegnamento. Già il taglio delle ore di pratica aveva danneggiato il sistema scolastico, ma questo nuovo sistema di graduatorie è umiliante. I problemi non sono solo quelli del reclutamento degli insegnanti, ma anche la diminuzione delle materie professionalizzanti, meno fondi alle scuole, attrezzature e lavoratori fatiscenti, mettere in moto la scuola professionale oggi sarebbe molto molto difficile.

È d'accordo con Italia a Tavola che chiede con forza un tavolo operativo sul tema?
Assolutamente sì. La formazione scolastica degli alberghieri è ottima da un punto di vista delle conoscenze generali che gli studenti apprendono. Voglio dire: da qui escono ragazzi preparati per l’università perché imparano molto bene materie come italiano, economia, chimica o fisica ma ciò che manca è un insegnamento mirato delle materie “d’indirizzo” come cucina o sala. È questo l’aspetto che va rinnovato e quella che avete sollevato è la questione più importante, la strada della formazione per diventare davvero professionisti.

Hashtag: #laureaccoglienza

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Alberto Lupini


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