La startup che analizza live il dna del cibo Tecnici incuriositi, ma con alcuni dubbi

Nel verificare la sicurezza degli alimenti, il pesce è tra le tipologie di materia prima che più creano incertezze e che vanno monitorate con maggior prudenza. In particolare le specie della famiglia degli scombridae

14 gennaio 2019 | 11:27
Ce ne sono infatti una cinquantina e riconoscerle, soprattutto surgelate, è compito non facile. Occasione “ghiotta” per chi ha intenzione di mettere in atto delle truffe, vendendo una merce di qualità bassa al prezzo di una di alta qualità confondendo le idee al consumatore. Ma i controlli si stanno intensificando con mezzi sempre più all’avanguardia.

Tra questi uno dei più innovativi potrebbe essere bCube, un dispositivo creato dalla startup britannica - ma con un centro studi anche a Milano - Hyris del managing director Stefano Lo Priore. La funzione del dispositivo è quella di rilevare il dna della merce controllata e di farlo all’istante, senza il bisogno di effettuare prelievi da trasportare nei laboratori e restare in attesa dei risultati.



Interpellato dal Corriere della Sera, Lo Priore spiega: «bCube è uno strumento che serve a trasformare materiale biologico in dati: oltre alla “scatola”, in base alla tipologia di analisi viene fornito un kit di reagenti. Funziona con una app multipiattaforma che registra e organizza i dati in cloud. I risultati possono poi essere forniti in forma “grezza” se diretti a biologi, o in forma elaborata se richiesti da persone non esperte». I campi di applicazione, oltre alla filiera alimentare, abbracciano anche settori come la fitofarmaceutica, il fitosanitario, la medicina veterinaria fino al monitoraggio ambientale e alla ricerca biomedicale.

«Poiché il dna si trova in qualsiasi organismo, l’analisi del codice genetico è diventata una fonte essenziale d’informazioni certe sull’identità dei prodotti, ma può essere utilizzato anche per l’identificazione dei virus come il Dengue e la Zika e i parassiti malarici nelle zanzare». In meno di quattro anni la società ha più che raddoppiato il suo fatturato che è passato dai 200mila euro nel 2017 ai 400mila nel 2018 e conta di raggiungere il milione entro fine anno.


Giorgio Antonio Donegani (www.convegnoalimentazionesalute.it)

Secondo gli esperti potrebbe essere uno strumento in grado di rivoluzionare il settore, ma servono alcuni chiarimenti. Giorgio Antonio Donegani, tecnologo alimentare e membro del Comitato scientifico di Italia a Tavola spiega: «Certamente è un dispositivo interessante anche perché la sua applicazione non si limita al mondo ittico, ma può riguardare anche la carne ad esempio. Di per sé non è una novità, perché il prelievo del dna è una pratica già utilizzata diffusamente, ma certamente che fa la differenza è la praticità e i tempi ridotti con i quali si può giungere ad una conclusione. Non solo perché c’è anche una facilità di accesso ai dati estrema e anche la possibilità di creare un archivio importante. La vedo ovviamente come una pratica per i tecnici, non per il comune cittadino. Restano da capire i costi, temo non sia un’operazione a buon mercato, ma non posso esprimermi non conoscendo nei dettagli l’idea».


Massimo Artorige Giubilesi

Per Massimo Artorige Giubilesi, altro membro del Comitato di Italia a Tavola e anch’esso tecnologo alimentare, appurato che è sicuramente uno strumento interessante «bisogna capire quali sono i metodi di rilevamento e di analisi, perché esistono quelli innovativi e quelli tradizionali. Non si tratta di una differenza sottile per cui andrebbe chiarito questo aspetto e appurato che quanto emerge dall’analisi del dispositivo sia valido e riconosciuto».

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Alberto Lupini


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