Temperatura, una variabile da monitorare in ogni fase della filiera

Mantenere i cibi in ambienti idonei durante tutti i passaggi fino al consumatore è una pratica fondamentale. Alcuni errori possono generare gravi problemi, anche nelle cucine di casa

26 dicembre 2022 | 13:30
di Serena Pironi e Francesca Agostini

La temperatura è un parametro che inconsapevolmente gestiamo anche tra le mura domestiche. Non esiste cucina che non sia dotata di frigorifero, freezer, forno e fornelli. Questi strumenti ci permettono di preparare e consumare alimenti buoni e sicuri, di conservarli e trasformarli in sicurezza controllando il parametro più basilare e alla portata di tutti.

A livello commerciale, nell’industria alimentare, come nell’Horeca, la rilevanza e l’impatto che la gestione di questo semplice parametro ha sulla sicurezza alimentare, si traduce in controlli sistematici. Molte delle fasi di preparazione, dallo stoccaggio delle materie prime fino allo stoccaggio del prodotto finito, coinvolgono il controllo delle temperature come mezzo per il monitoraggio di Ccp (Critical control point) e PrPop (ovvero misure di controllo). 

 

Tempo e temperatura

La gestione della temperatura è, infatti, un parametro misurabile che permette di definire specifici limiti critici o operativi, cioè criteri che permettono di determinare l’accettabilità o meno di un alimento. In particolare, in ambito alimentare, ad essere determinante è la combinazione di due parametri: tempo e temperatura. Una temperatura inadeguata ha infatti delle ripercussioni sulla qualità e la sicurezza degli alimenti solo se abbinata ad un determinato periodo di esposizione. Questo perché gli aspetti sui quali incide la temperatura sono essenzialmente relativi al pericolo microbiologico e chimico. Un esempio di pericolo chimico è fornito da quelle sostanze che si generano durante il trattamento, frutto della reazione tra i principi nutritivi presenti. Oltre certe quantità proprio questi elementi divengono un problema di sicurezza alimentare per il consumatore.

Acrilammide, massima allerta

Si pensi all’acrilammide che si genera tra uno zucchero e l’aminoacido asparagina quando normalmente si adoperano temperature superiori a 120°C in alimenti poco umidi. Si forma soprattutto nei cibi ricchi di carboidrati cotti al forno o fritti, specialmente in matrici quali cereali, patate e chicchi di caffè. Sulla base di studi effettuati, l’Efsa (Autorità europea sulla sicurezza alimentare) ha confermato che l'acrilammide negli alimenti può aumentare il rischio di sviluppare cancro nei consumatori in tutte le fasce di età e particolarmente esposti sono i bambini. Inoltre sono stati emersi effetti nocivi sul sistema nervoso, sullo sviluppo prenatale e postnatale e sulla riproduzione maschile, sulla base dei livelli di esposizione alimentare attuali. 

È necessario dunque l’impegno di tutti gli operatori del settore alimentare (Osa) nell’assicurare misure in grado di attenuare il valore di questa molecola proprio attraverso le buone prassi in materia di igiene e applicando procedure basate sui principi dell’Haccp.

Il Reg. UE 2158/17 stabilisce i livelli di riferimento per questa molecola e illustra alcune buone pratiche di lavorazione. Ad esempio se un ristoratore frigge in olio o in forno delle patatine alcune misure di controllo possono essere:

  • Impiego di varietà di patate meno dolci;
  • Temperatura di stoccaggio superiore a 6°C;
  • Togliere subito frammenti bruciati;
  • Eliminare i tuberi immaturi (si vedono anche mettendoli in salamoia, poiché galleggiano, se non si notano nel lavaggio);
  • Mantenere la temperatura tra 160 e 175 °C durante la frittura e tra 180 e 220 °C quando si utilizza il forno. Se si usa la ventilazione la temperatura può essere inferiore;
  • Preriscaldare l'apparecchio di cottura (ad esempio forno, friggitrice ad aria calda) alla temperatura corretta compresa tra 180 e 220 °C secondo le istruzioni di cottura sulla confezione, in funzione delle specifiche dei prodotti e delle esigenze locali;
  • Cuocere le patate finché avranno assunto un colore giallo dorato;
  • Non cuocerle troppo a lungo;
  • Girare i prodotti da forno dopo 10 minuti o a metà del tempo di cottura totale;
  • Osservare le istruzioni di cottura raccomandate dal fabbricante (che avrà fatto le prove per garantire il livello quantitativo di acrilammide anche dopo cottura finale da parte del cliente/consumatore);
  • Se si preparano quantitativi di patate inferiori rispetto a quello indicato sulla confezione, ridurre il tempo di cottura per evitare l'eccessiva doratura del prodotto;
  • Non riempire troppo il cestino della friggitrice; riempire il cestino a metà fino al segno, per evitare un eccessivo assorbimento di olio durante tempi di frittura estesi.
  • Eliminare patatine scure/bruciate.

Queste azioni servono per mantenere il livello di acrilammide sotto i 500 microgrammi per chilogrammo di prodotto. Parliamo di microgrammi e non grammi. E nella norma ci sono indicazioni anche per chips, pane, cracker, biscotti e caffè. Come si lavora ha un impatto preponderante ed anche il settore Horeca deve fare la sua parte.

Per informazioni: www.pigaservice.it

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