La tradizione gastronomica affidata alla ristorazione

Tra prodotti di gastronomia, pizze d'asporto e ristoranti etnici, per fortuna rimangono ancora ristoratori che portano avanti la vera tradizione italiana, sì rinnovata ma mai dimenticata

21 maggio 2019 | 10:12
di Roberto Vitali
«Sta tramontando l’epoca in cui nonne e mamme cucinavano e con le loro ricette e i loro piatti garantivano la tradizione. Ora il compito di mantenerla viva tocca alla ristorazione, a cui è demandato un compito anche culturale». La frase non è mia ma di un amico ristoratore che, pur sposando una certa modernità nelle cotture e nella presentazione, mantiene viva la tradizione italiana a tavola.



Conosco anche io (le ho in casa tra nuore e nipoti-femmine) mamme di famiglia che non hanno molta dimestichezza con fornelli e padelle. Vanno avanti tra pizze prenotate, prodotti di gastronomia, panini e surgelati: è un po’ triste la situazione e in loro soccorso viene anche la ristorazione etnica e le grandi catene con locali da 200-300 posti. Mangimifici.

Con il moltiplicarsi delle offerte di ristorazione, ecco allora che diventa fondamentale - per la memoria gastronomica di un territorio - la volontà degli chef che non mollano e insistono sui piatti della tradizione italiana. Il che fa piacere non solo ai residenti, che possono continuare a degustare le ricette della nonna, ma anche ai tanti turisti, sempre più numerosi per fortuna, che in Italia, in qualunque parte della Penisola, cercano cibi e vini del territorio.

Pur riconoscendo l’esistenza di locali etnici, vegani, “mangia quanto vuoi, paghi sempre lo stesso”, molecolari e via improvvisando, plaudo a tutti quei ristoratori che tengono alta la supremazia mondiale dell’Italia in tema gastronomico e non disdegnano di presentare, per esempio, la trippa, le cervella fritte o l’osso buco. Certo, c’è spazio anche per ristoranti da anoressici o da riempi-stomaco, ma il mio tifo va ai paladini delle ricette di Pellegrino Artusi, rinnovate sì ma non dimenticate.

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Alberto Lupini


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