L’ultima cena del Re d’Italia riprende vita nel marchigiano

Merito di Rosaria Morganti, patron e resident del ristorante Due Cigni, e di Fred Beneduce, nipote del cuoco originario: la serata ha ricalcato le orme del passato, celebrando allo stesso tempo l'antica cucina francese

03 settembre 2018 | 16:08
di Carla Latini
Correva l’anno 1943 e l’Italia era dilaniata dalla guerra. Le cronache raccontano che il 9 settembre Vittorio Emanuele III stava lasciando il Paese. Si ferma in Abruzzo, vicino Ortona, nel Castello di Crecchio dove i duchi di Bovino gli offrono la sua ultima cena italiana. Cuoco il noto Aquilino Beneduce, il cuoco del re.


Fred Beneduce e la brigata del Due Cigni servono la trota in sala

Il 28 agosto appena trascorso, nel Ristorante Due Cigni di Montecosaro Scalo (Mc), la patron e cuoca Rosaria Morganti ha ospitato Fred Beneduce, il nipote di Aquilino, ed insieme hanno rievocato al solo scopo gastronomico e non nostalgico quell’ultima cena. Complice intellettuale dell’evento l’elegante e colto Elio Palombi, che ha creato un parterre degno dei piatti che abbiamo assaggiato.


Consommé Sevigné (brodo ristretto di pollo, morbidelle di pollo, asparagi e lattuga)

L’alta cucina, in quegli anni, parlava solo francese. Dovremo aspettare il 1953 e la nascita dell’Accademia della cucina italiana per cominciare a ridare dignità alle nostre tradizioni. Il menu doveva essere in francese con i sottotitoli in italiano. Il grafico della Morganti ha lasciato il francese in corsivo e l’italiano sotto in Times New Roman grassetto. Fra le 70 persone intervenute, Domenico Guzzini, delle celebre azienda di Recanati, e Gianmario Spacca, ex presidente della Regione Marche, sempre vicino alla cultura enogastronomica e ai suoi protagonisti.


Mousse de jambon de York à la gelée (spuma di prosciutto di York in gelatina)

La tavola occupa l’intero salone, regale e sontuoso. Ad ogni portata Beneduce esce dalla cucina e offre alla nostra vista, insieme alla brigata di Rosaria, i piatti. Si comincia con il Consommé Sevigné, uno dei cavalli di battaglia di Aquilino Beneduce: brodo ristretto di pollo, morbidelle di pollo, asparagi e lattuga. Fra gli applausi entra la Truite saumonée à la diplomatique: trota salmonata ricoperta di salsa diplomatica e tartufi. Che viene porzionata a vista. Bella l’arte del porzionare. Il terzo piatto svela quanto fosse colta e ricca la cucina dei tempi. Mousse de jambon de York à la gelée: spuma di prosciutto di York in gelatina.


Selle de Chèvre à la Maréchal Robert (sella di capra alla Maréchal Robert)

Mi prendo una pausa e vi confesso quanto trovo delizioso da parte dei camerieri proporre il "ripassino". Io e i miei vicini di tavolo l’abbiamo chiamato così. Ora tocca alla Salade orientale: insalata orientale. Tortino di riso basmati in agrodolce con peperoni gialli e rossi. Alza il livello di sapidità, ci spiega Palombi, e prepara al piatto forte. Selle de Chèvre à la Maréchal Robert: sella di capra alla Maréchal Robert. Sarà stato un bon vivant dell’epoca? Anche la sella fa la sua sfilata al centro della sala e viene porzionata come la trota. Cottura tradizionale, lenta al forno, e tanti odori del bosco. Patate profumate, fagiolini e zucchine fritte.



Con il dolce si realizza il gran finale. Gateau delicieux: torta deliziosa. Che Aquilino confezionava come una torta a sorpresa ricoperta di crema. La nostra è con crema al caffè. Rosaria Morganti ha abbinato vini marchigiani molto vicini al suo territorio. Fra cui la Ribona di Fontezoppa. Un vitigno recuperato di grande livello. Con il gateau delicieux abbiamo bevuto due anisette Meletti. La secca e la dolce. Accanto a me il giovane Matteo Meletti. Anche loro erano fornitori della real casa, all’epoca.

I commensali si congedano felici. Hanno vissuto un pezzo di storia passata che non tutti, immagino molto pochi, conoscevano.

foto: Angelo Cecchetti (www.studiumdesign.it)

Per informazioni: www.duecigniristorante.com

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