Universo pizza Passi da gigante, verso l'alto
Prima in pizzeria ci si andava senza badarci troppo, ora invece si fanno scelte mirate: i pizzaioli hanno preso coscienza del loro mestiere, ne hanno rifatto le fondamenta e stanno portando in auge il mondo della pizza
28 maggio 2018 | 16:00
di Gabriele Ancona
Un settore in rialzo, euforico, che ha fatto passi da gigante e per certi versi ha conquistato una dignità dovuta, per molto tempo non sdoganata. Una Cenerentola che si è trasformata in principessa, come del resto tutta la ristorazione. I media e soprattutto l’olio di gomito hanno contribuito a rendere giustizia. Ma non bisogna sedersi sugli allori. Diventare pizzaioli non è un gioco e aprire una pizzeria significa essere imprenditori. Lo hanno capito le aziende che gravitano in questo mercato e lo animano. I corsi di formazione sono ormai dei master universitari. Ci si rende conto in un attimo che lavorare un impasto richiede nozioni di chimica e fisica e quello che è sempre stato considerato un mestiere dal grembiule sporco, se non di ripiego, è una professione impegnativa che richiede competenze che “il discorso da bar” nemmeno si sogna.
Come non siamo tutti commissari tecnici della Nazionale, così non siamo tutti pizzaioli o imprenditori di questo settore. Tant’è che l’Unesco ha iscritto l’Arte del pizzaiuolo napoletano nella lista degli elementi dichiarati Partimonio dell’Umanità. L’Arte del pizzaiuolo, non la pizza. Sacrosanta, al proposito, la presa di posizione di Sergio Miccù, presidente dell'Associazione pizzaiuoli napoletani. «Vedo ancora molta confusione - ha annotato - sia tra i pizzaiuoli che tra i consumatori. Si parla di “pizza Unesco”, ma è l'Arte del pizzaiuolo che è stata tutelata dall’Unesco quale patrimonio immateriale dell’Umanità. Per questo in settembre lanceremo un’iniziativa con il Comitato Unesco per discutere e per pianificare ulteriori risoluzioni che diano risalto e chiarezza a questo riconoscimento». Ottimo. La rotta e la comunicazione vanno corrette.
Il dato di fatto è che l’universo pizza ha fatto un sudato salto qualitativo, ha conquistato il podio. Merito di un mercato - operatori del settore e produttori/distributori di materie prime e attrezzature - che ha disinserito il pilota automatico e ha iniziato a proporre pizze regionali o a elevato coefficiente di creatività. È stato impostato un reset che vuole rifondare le fondamenta, dalla formulazione dell’impasto alla farcitura in uscita dal forno, abbinando gli ingredienti in modo consapevole e non a casaccio. I corsi di formazione sono sold out e le masterclass, a decine proposte dalle fiere professionali, sono sempre più affollate. Sintomo di una brama di conoscenza e di apprendimento che fanno solo onore a chi vuole migliorarsi.
I consumatori, dall’altra parte del bancone, sono sempre più competenti ed esigenti. Un volano meraviglioso che mette il sorriso a tutti. Tanto per rendere l’idea, nel 2017 un Gruppo con sede a Milano ha venduto più di 4 milioni di tranci di pizza, pari a 460 tonnellate di farina, quasi 270 di pomodori e 317 di mozzarella. E poi c’è il beverage, dove il vino si è conquistato un posto ai blocchi di partenza. Un mondo, quello della pizza-pizzeria, che sta correndo per stabilizzarsi verso l’alto. Lasciandosi alle spalle le tendenze.
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Alberto Lupini