Parkinson, in vent’anni quasi 300mila malati in più

Queste le stime per l’Italia secondo il Journal of Parkinson’s disease. In altre parole, la malattia è destinata a diffondersi e i casi a raddoppiare da qui al 2040. Al mondo ne soffrono in sei milioni

05 ottobre 2019 | 09:36
Seicentomila malati di Parkinson in Italia tra vent’anni, il doppio di quanti ce ne sono oggi. Secondo il Journal of Parkinson’s disease la malattia è destinata a diffondersi, com’è già successo tra il 1990 e il 2015. È importante dunque capirne sintomi e campanelli d’allarme. Di questo ha parlato Michele Perini, neurologo in Humanitas Medical Care di Lainate, in un articolo apparso su Humanitasalute, che vi riportiamo di seguito.

I malati di Parkinson in Italia sono 300mila



«Il morbo di Parkinson si presenta a seguito della progressiva degenerazione delle cellule nervose del cervello, responsabili della produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola funzioni come il controllo del movimento, il comportamento, l’umore, il ritmo del sonno e una parte della cognitività - spiega Perini. Movimenti rigidi e lenti, tremori a riposo e perdita di equilibrio sono le principali caratteristiche del morbo di Parkinson, sintomi che si presentano spesso in modo asimmetrico, colpendo più un lato del corpo rispetto all’altro. Non sempre però questa patologia si manifesta in modo chiaro: in alcuni casi si presenta senza i classici sintomi di rigidità dei movimenti e tremore, rimanendo in sordina e non consentendo a chi ne soffre di ipotizzare la malattia».

Tra i piccoli segnali precoci che potrebbero anticipare lo sviluppo del Parkinson ci sono la perdita di espressività, per la carenza di dopamina che rende i muscoli del viso più rigidi, e il cambio del tono della voce, che diventa sempre più debole, mentre il linguaggio si fa confuso. In generale la personalità si modifica, l’umore diventa instabile e si alterna a momenti di apatia, fino al sopraggiungere di episodi di depressione. Anche olfatto e gusto potrebbero essere compromessi, così come può verificarsi un mutamento nella sudorazione, visto che il morbo colpisce il sistema nervoso. Altre possibili spie sono una pressione bassa immotivata e la stitichezza, disturbi dovuti, anche in questo caso, alla carenza di dopamina. «Il tipico tremore collegato al morbo di Parkinson, dunque, non è il solo e unico segnale da tenere in considerazione - continua Perini - Il tremore, infatti, non è un sintomo presente dall’inizio della patologia, ma può manifestarsi con il tempo, quando la malattia è già progredita».

Se le cause del morbo continuano a non essere chiare, per la sua diagnosi un solo esame clinico non basta. I medici, fermo restando la decisione del neurologo sugli esami da effettuare, ricorrono infatti alla risonanza magnetica nucleare ad alto campo, alla PET cerebrale, alla scintigrafia del miocardio. La mancanza di chiarezza sulle cause si riflette anche sulle cure: non esiste, infatti, una cura specifica per il Parkinson. Si ricorre al trattamento farmacologico, alla chirurgia e alla gestione multidisciplinare dei casi. È bene però precisare che i farmaci che stimolano la ricezione della dopamina (levodopa) agiscono migliorando i sintomi, senza intervenire sulla causa della malattia, che tende a progredire. Il risultato è che, con il tempo, i farmaci perdono efficacia e per alcuni pazienti si propongono soluzioni chirurgiche, infusione continua di dopamina o di dopagonisti sottocute. Come contrasto al Parkinson va infine sottolineato il ruolo della fisioterapia e delle stimolazioni motorie e cognitive.

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Alberto Lupini


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