Abruzzo: terra di vini straordinari tra monti, mare e colline

Con 34mila ettari di superficie vitata e una produzione annua di 3,4 milioni di ettolitri, la produzione vinicola traina l’agricoltura regionale. Accanto ai grandi classici, stanno emergendo i vitigni “minori”

09 maggio 2022 | 10:16
di Vincenzo D’Antonio

Reminiscenze tramandate della cosiddetta geografia politica, da porre in simbiosi con la cosiddetta geografia fisica, riportano alla memoria la declinazione al plurale di questa regione fatata: Abruzzi, ben prima che Abruzzo, e, in giunzione ad esso, il Molise. Sì, fino agli anni ‘60 dello scorso secolo... Abruzzi, al plurale. E questa reminiscenza molto ci aiuta. Una componente montuosa, le più alte vette dell’Appennino (Gran Sasso e Majella), la fatica dei pastori, il fenomeno della transumanza, le pagine imperdibili di Ignazio Silone. Un’ampia fascia collinare che avvicinandosi all’Adriatico diviene costiera, atta al turismo estivo; natura prodiga, con la suggestiva presenza dei trabocchi ed una ferrovia che lambiva la riva del mare. La poesia e la poetica prosa di Gabriele D’Annunzio. Breve la distanza che separa i rilievi montuosi dal mare: qualche decina di chilometri, all’incirca mezz’ora di auto.

 

Vino protagonista dell’attività agricola

Per la lettura vitivinicola di un territorio così composito partiamo da pochi dati, i più significativi, ben consapevoli che la concentrazione vitivinicola è nella fascia collinare, in particolar modo nel teatino, dove insiste l’83% del territorio vitato. Con 34mila ettari di superficie vitata e una produzione annua di 3,4 milioni di ettolitri, la vitivinicoltura anche in questo corrente anno 2022 è il comparto più importante nell’ambito della produzione agricola regionale. La produzione di vini a denominazione di origine va oltre il milione di ettolitri, così suddivisi: oltre 800mila hl di Montepulciano d’Abruzzo, oltre 120mila hl di Trebbiano d’Abruzzo, circa 67mila hl per la Doc Cerasuolo d’Abruzzo, il rosato dell’Abruzzo.

Occhio agli altri vitigni, residuali solo nei numeri attuali, ma di certo attori del nuovo posizionamento dei vini d’Abruzzo nel mercato globale, affiancando (giammai sostituendo) i due colossi Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo. Sono vitigni preziosi: Cococciola, Montonico, Passerina, Pecorino.

I tre quarti della produzione complessiva di vino provengono da 35 cantine cooperative (32 attive in provincia di Chieti) che unitamente a quelle private compongono un insieme di 250 aziende di trasformazione per un numero totale di bottiglie che ha superato i 130 milioni.

 

Grandi vini rossi e rosati

Il Montepulciano d’Abruzzo Doc, tra i più grandi vitigni a bacca rossa d’Italia, è tra i primi tre vini Doc prodotti in Italia. Viene ottenuto unicamente da vigneti ubicati in terreni collinari o di altopiano, la cui altitudine non deve essere superiore ai 500 metri slm ed eccezionalmente ai 600 metri per quelli esposti a mezzogiorno.

L’uvaggio del Cerasuolo d’Abruzzo Dop (anche Superiore) è dato da Montepulciano minimo 85%; da solo o con aggiunta di uve a bacca di colore analogo provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito dell’area interessata, fino ad un massimo del 15%. È un vino dal colore rosa ciliegia più o meno carico; al naso risulta gradevole, finemente vinoso, fruttato, fine e intenso. Le uve impegnate nella produzione del Cerasuolo d’Abruzzo Dop sono vinificate in presenza della buccia per un limitato periodo di fermentazione per dare al vino il caratteristico colore rosa ciliegia. Non può essere immesso al consumo prima del 1° gennaio successivo all’annata di produzione delle uve; nella versione Superiore non prima del 1° marzo dell’anno successivo a quello di produzione delle uve. La sua straordinaria freschezza unita all’eleganza dei suoi profumi fa del Cerasuolo d’Abruzzo Dop un vino particolarmente piacevole e affascinante.

 

Fare squadra per valorizzare la produzione e migliorare la qualità

Come può una così composita realtà vitivinicola trovare elemento di governo atto a fornire indicazioni strategiche volte a collocare la produzione di alta qualità in un posizionamento distintivo che a sua volta agevola una visibilità incrementale sul mercato globale? La risposta è semplice e parimenti semplice è l’individuazione del player che sa assumersi questo onere e questa responsabilità: il Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo. Al momento il Consorzio, la cui efficacia di funzionamento è palese quanto lodevole, associa circa 250 aziende vitivinicole. L’elemento che rende percorribile il successo nel mondo dei vini abruzzesi è costituito dal perseguimento corale dell’ambizioso obiettivo del miglioramento continuo della qualità dei vini, obiettivo a sua volta reso possibile mediante accorti lavori in vigna e in cantina. Meditati recenti tasting rendono evidenti questi coraggiosi sforzi in essere. Risultati lusinghieri con vini che in genere denotano una maggiore finezza stilistica senza quasi mai perdere in schiettezza nativa. Risultato non da poco.

 

Non solo Montepulciano d’Abruzzo: largo ai vitigni “minori”

Sì, il Montepulciano d’Abruzzo continua ad essere vettore trainante, la forza motrice, ed è naturale che sia così. Grandi ed affidabili evergreen sia il Trebbiano d’Abruzzo che il Cerasuolo d’Abruzzo. Tuttavia, siamo a ribadirlo, piacevolmente intriga lo scenario dei vitigni autoctoni minori all’interno dei quali faremmo distinzione tra Passerina e Pecorino da un lato, che dal “saremo famosi” sono giunti al “siamo quasi famosi”, e Cococciola e Montonico dall’altro lato, che, non potendo mirare al “saremo famosi ovunque” stante una capability di vigneto e conseguentemente di cantina che ha sua collocazione nei piccoli numeri, devono accortamente e profittevolmente mirare al “saremo ambìti, saremo piccoli tesori”.

 

Il turismo legato al vino e alle bellezze del territorio

Chiara quanto virtuosa la strategia del Consorzio: puntare su enoturismo e marketing territoriale. Torniamo allora alla declinazione al plurale: gli Abruzzi. Ne sortiscono due narrazioni. Entrambe, nel loro abbracciarsi, rendono unica questa regione fatata e la rendono al contempo attrattiva ai flussi turistici emergenti e in particolare, nel mondo, alle generazioni Millennial e Zeta.

L’Abruzzo dei monti. La fatica pastorale, la pastorizia, i tratturi, la transumanza. Cosa si mangiava durante la transumanza? Quali vini attuali in abbinamento a quelle pietanze opportunamente rivisitate? Il cammino lungo i tratturi.

L’Abruzzo della fascia collinare e della linea costiera. Quella costa che, se ne faceva cenno non a caso, era attraversata dai binari. Per molti tratti, un piacere alla vista ancor prima che all’udito (nessun rumore di treno!), là dove c’erano i binari c’è adesso la pista ciclabile (ed anche pedonale). Un cicloturismo in simbiosi con il turismo enogastronomico, con annessa ridestinazione d’uso dei trabocchi.

 

Vino e abbinamenti, nel segno della convivialità

Le pietanze che vengono dal mare, gli ortaggi dalla campagna prodiga. Quali vini in abbinamento? Ecco la direttrice: andare incontro al nuovo, prendere atto senza rammarico alcuno che la vecchia normalità è alle spalle e che la nuova la si plasma insieme ed essa nasce anche dalle minacce patite a causa della pandemia. Un mondo del vino che nel restare rigoroso grazie alle elevate competenze degli addetti ai lavori, scientemente smarrisce eccessi di gergalità e diviene sempre più e sempre meglio quell’abilitatore di convivialità felice, di sano piacere edonistico di cui, mai come in questo delicato frangente storico, si avverte il desiderio.

L’Abruzzo può fare ciò e, in assunzione di responsabilità collettiva, volentieri ed orgogliosamente aggiungiamo che deve fare ciò, a beneficio della qualità della vita di tutti noi.

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Alberto Lupini


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