Dal Canaiolo Nero, vitigno storico nasce un vino elegante con note floreali
08 novembre 2015 | 12:05
di Piera Genta
Menzionato, agli inizi del 1300, nel “Trattato dell’Agricoltura” di Pier de Crescenzi, il quale lo chiamava “Canajuola”, definendolo “bellissima uva e da serbare”. Il nome potrebbe derivare dal latino dies caniculares, che indica il periodo di caldo che va dalla fine di luglio alla fine di agosto in cui le uve cambiano colore. Secondo una ipotesi alternativa, alcuni dei sinonimi di questo vitigno (Canina, Cagnina, Uva dei Cani) farebbero pensare a una possibile derivazione del nome dalla rosa canina o erba canina, forse per la caratteristica nota amarognola del vino.
Tuttora diffuso sia nella zona del Chianti sia in altre province toscane, è presente in misura minore in alcune regioni confinanti quali Marche, Lazio, Umbria e Liguria. Vinificato in purezza dà un vino colore rosso rubino carico, non opulento, che affascina per la sua eleganza, con tante note floreali ed una buona mineralità. Al palato si presenta con corpo pieno, morbido e vellutato, aromatico.
Per la sua spiccata attitudine a essere vinificato in uvaggio, specialmente con il Sangiovese, lo si trova frequentemente nei disciplinari Doc e Docg di molti importanti vini rossi di Toscana: Chianti, Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Torgiano Rosso Riserva, e nelle Doc Carmignano, Colli dell'Etruria Centrale, Montecarlo, Rosso di Montepulciano, San Gimignano.
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Alberto Lupini