Comte de Montaigne Lo Champagne che sa aspettare
Nel racconto/interpretazione di Stéphane Revol, amministratore delegato della Maison, c’è qualcosa di appassionato che lo fa prendere maledettamente sul serio
07 ottobre 2019 | 18:50
di Guido Gabaldi
La leggenda di Comte de Montaigne parte da lontano
«Detto in premessa che tutti gli Champagne sono grandi vini - esordisce Stéphan Revol - qualche precisazione va fatta, e un aneddoto può aiutare. Da bambino rimasi colpito dall’immagine di una delle vetrate della Chiesa di Santa Maddalena, a Troyes, che ritraeva un uomo mentre porgeva un ceppo di vite a un Cardinale. Si trattava del primo ceppo di uve di Chardonnay che fu riportato da Cipro, dalle Crociate del XIII secolo da Comte de Champagne, e che fu poi trapiantato nella Côte des Bar, nell’Aube. E dunque se quel ceppo era arrivato originariamente in Aube, perché lo Champagne è tradizionalmente associato alla Marne? Le fonti più accreditate chiariscono che i commercianti della Marne acquistarono lo Chardonnay dall’Aube, diventando i primi a venderlo in Francia. E per evitare che l’Aube potesse produrre l’autentico Champagne dopo una guerra impedirono, per sei secoli e dunque fino ai primi del Novecento, alla sua regione di origine di utilizzare la denominazione di Champagne».Stéphane Revol
E ora, dopo sette secoli, cosa si può fare per narrare questa storia alternativa dello Champagne ai consumatori? «Tutti gli Champagne sono buoni - risponde - ma ognuno deve portare avanti il suo stile: quello di Comte de Montaigne si distingue per la tempistica, e cioè per il saper aspettare i tempi giusti. Dopo la pressatura e la prima fermentazione si vanno a degustare le diverse cuvée. Ad ogni cuvée corrisponde un assemblage specifico. Una volta finalizzati gli assemblage, i vini vengono messi in bottiglia con l’aggiunta di lieviti per la seconda fermentazione, ossia la presa di spuma. Da noi questa fase è due volte più lunga del minimo richiesto dal disciplinare, a beneficio di una maggiore complessità. Dopo questo lungo riposo, i lieviti vanno a formare un deposito. Si comincia allora il remuage in gyro-palette, finalizzato a raccogliere i sedimenti nel collo della bottiglia. Una volta che le bottiglie si ritrovano a testa in giù, con il deposito concentrato sul tappo, sono pronte per la sboccatura: con essa uno-due centilitri di vino vanno persi, sostituiti con vini di riserva. Segue il momento del dosaggio, che consiste nella aggiunta di una percentuale di liquer d’expédition (vino e zucchero), variabile in funzione del grado di dolcezza da ottenere. Con la tappatura finale siamo al termine, e sono passati in media cinquantacinque mesi dalla vendemmia, contro la media di diciannove mesi impiegati dalla maggior parte dei concorrenti. Questo vuol dire saper aspettare».«I vigneti della Côte des Bar - prosegue - fanno la loro parte: il terroir, inteso come microclima e insieme di caratteristiche minerali del terreno, è uno dei tratti identitari di Comte de Montaigne. Il nostro clima è temperato, oceanico, l’esposizione al sole è limitata ed il sottosuolo gessoso svolge una funzione termoregolatrice e protettiva delle radici del vigneto». La curiosità chiaramente è chiedersi che tipo di Champagne arrivi al consumatore dopo tutto questo impegno. «Comte de Montaigne - spiega - deve distinguersi per golosità, complessità, ed eleganza: la ricerca della perfezione è costante fra profumi di burro, crosta di pane e spezie, ad esaltare sapori dal profilo rotondo e fruttato».
Il patron vede nella tempestività dei suoi Champagne l'arma in più
E in effetti il Blanc de Blancs Brut (100% Chardonnay) Gran Réserve, in degustazione presso il Boga Space di Milano per la stampa intervenuta all’evento, ha messo in mostra tutta la sua complessità, insieme a leggeri sentori di frutta esotica, agrumi e poi anche burro. Un vino da festa ma anche da pasto, pronto ad accompagnare primi di pesce e frutti di mare, anche grazie alla notevole lunghezza in bocca. Ma siamo sicuri che la gamma Comte di Montaigne sia in grado di fronteggiare un ampio spettro di occasioni speciali: gli altri protagonisti sono il Brut (70% Pinot Noir e 30% Chardonnay), dal profumo di frutta bianca (mela, pera e pesca); l’Extra Brut (70% Pinot Noir e 30% Chardonnay), con aromi di pompelmo, limone, pesca, pera e mela. E ancora: il Rosé (100% Pinot Noir), fruttato e vinoso, e infine la Cuvée Speciale (100% Pinot Noir), dai profumi di frutta nera accompagnati dai sottili aromi di spezie e di crosta di pane. Stéphane Revol continuerà con orgoglio e passione, crediamo, la sua opera di divulgatore di una storia alternativa dello Champagne: specialmente in Italia, dove i prodotti Premium come Comte de Montaigne possono toccare il cuore di tutti gli amanti del bello, capaci di apprezzare l’eleganza e la complessità di un vino che ha nel terroir e nel saper aspettare il segreto della sua unicità.
Per informazioni: www.comtedemontaigne.com
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