Il Negroamaro in mostra a Roséxpo Baldassarre: Un vino elegante e versatile
07 giugno 2016 | 09:16
di Clara Mennella
Giuseppe Baldassarre (Credito: Carlo Demi)
Giuseppe Baldassarre, professore, medico e non solo...
Anche appassionato di vini, sono impegnato nell'Ais (Associazione italiana sommelier), componente nella commissione didattica nazionale e referente della guida Vitae per la Puglia, nonché relatore e commissario d'esame, quindi la passione per il vino mi prende un po' di tempo; per di più sono appassionato di ricerca, di scrittura intorno ai nostri vitigni autoctoni.
Professor Baldassarre, siamo qui in occasione della terza edizione di Rosexpo nel Salento. Siamo fra Brindisi, Lecce e il Castello Carlo V. Parlando di vino rosato pugliese, parlando di vitigni, da dove nasce questo vino?
Il rosato nasce nella tradizione pugliese, però la Puglia ha una costellazione di rosati, una scia lunga che parte dal Salento dove il protagonista è il Negroamaro, in purezza oppure con piccoli apporti di altre varietà. Più recentemente nel Salento sta dando degli ottimi risultati il Susumaniello, una varietà di origine dalmata che in passato veniva usata in maniera complementare. Nel tarantino invece il protagonista diventa il Tarantino rispetto al negroamaro; salendo nella Murgia Barese abbiamo ancora il Primitivo in primo piano; invece nella Murgia settentrionale, intorno a Castel del Monte, il Bombino, con un'ottima tradizione che risale all'800. Infine nella provincia di Foggia, le varietà principali diventano il Nero di Troia e il Montepulciano. Quindi diciamo che la Puglia è una federazione di rosati, ma certamente il Salento è la roccaforte dei rosati “salentini” di maggiore tradizione.
Parlando di Negroamaro che gioca quindi la carta vincente, tu presenti anche il tuo libro “Negroamaro di Puglia”, dove fai un discorso didattico, storico e culturale sul Negroamaro. Quali sono le caratteristiche di questo vitigno e la sua storia?
Negroamaro è un'uva probabilmente molto antica, forse di origine greca. Il nome, Negroamaro, sembra stia a significare nero e amaro. I contadini salentini a metà dell'800 lo chiamavano “Niurumaru”, cioè nero, di colore scuro, e amaro, un tocco amarognolo nel finale, un cenno davvero gradevole. È un'uva che prende questo nome nella seconda metà dell'800: prima ancora si chiamava “lacrima”, a testimoniare la vinificazione in rosato, che era quella tradizionale di questa uva. Negroamaro poi, agli inizi degli anni '70, si è trasformato in virtù di un apporto di un famoso enologo, Severino Garofano, di origine irpina, anche in grandi rossi da invecchiamento. Però in realtà è un'uva di una versatilità straordinaria, che dopo essersi diffusa in tutto il Meridione, si è ritirata nel Salento come nella sua culla ideale.
Attualmente il Negroamaro produce da qualche versione in bianco a splendidi rosati, alcuni dei quali anche vinificati da una decina d'anni con Metodo classico, e quindi degli spumanti, delle bollicine davvero interessanti. Questa varietà poi viene interpretata anche in rossi di beva più immediata oppure rossi da invecchiamento e persino in qualche raro passito dolce, quindi diciamo un uva a 360°, con grande versatilità. Ma quello che ha di straordinario quest'uva è che esprime un'acidità straordinaria, che in questo contesto territoriale caldo e arido diventa davvero un punto di forza. È una dotazione tannica interessantissima, è un vino che ha molta personalità anche all'olfatto, è un vino assolutamente non scontato, che si può sintetizzare in una singola parola: eleganza. È quella meglio espressa in tutte le sue versioni.
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