Prima dell'Alta Langa, tutto l'entusiasmo di una denominazione in crescita

Il +42% sulle vendite rispetto al 2019, registrato lo scorso anno, è la fotografia di un Metodo classico in grande salute. Il mercato principale è quello interno, ma la volontà è potenziare l'export, fermo al 10%

16 giugno 2022 | 15:36
di Davide Bortone

Se il buon vino non si giudica dall’etichetta, il buon lavoro dell’Alta Langa si può giudicare dalla forma del nuovo calice ufficiale, presentato lunedì 6 giugno in occasione della Prima dell’Alta Langa, al Museo di Italdesign di Moncalieri. Piede, stelo e coppa richiamano, in maniera plastica e sinuosa, un triangolo. Il simbolo della perfezione, a rammentare il percorso di crescita dalla più dinamica denominazione del Metodo classico italiano degli ultimi anni.

Oltre al nuovo calice, la Prima dell’Alta Langa 2022 ha visto il debutto della nuova presidente del Consorzio, Mariacristina Castelletta (Tosti 1820). Raccoglie il testimone da Giulio Bava (Cocchi), che ha guidato l’ente negli ultimi 9 anni (riecco il numero tre, che torna con un multiplo). Alle spalle, una crescita lenta ma decisa. Costante.

Nel 2016, il proposito del Consorzio era quello di completare il raddoppio della superficie vitata, per arrivare a circa 200 ettari di vigneto Alta Langa (2/3 Pinot Nero, 1/3 Chardonnay). Oggi la denominazione si estende su 377 ettari in tre provincie (175 a Cuneo, 164 ad Asti, 38 ad Alessandria) e la produzione si aggira attorno ai 3 milioni di bottiglie, per il millesimo 2021 (erano 1,3 nel 2018). Il +42% delle vendite registrato nel 2021 rispetto ai dati pre-pandemia (2019), è la fotografia di un Metodo classico in grande salute. Capace, ormai, di insidiare Franciacorta e Trento Doc, nelle scelte dei buyer.

L'Alta Langa stuzzica i buyer esteri 

Il mercato principale della cinquantina di maison piemontesi che aderiscono al Consorzio è l’Italia, con l’export fermo al 10%. Un segmento destinato a lievitare, anche grazie all’annuale appuntamento della Prima dell’Alta Langa. L’ultima edizione ha convogliato a Moncalieri più di 1200 operatori professionali dall’Italia e dall’estero (Francia, Inghilterra, Austria, Germania, Stati Uniti), per degustare 115 cuvée di 46 produttori.

Tra le novità, anche gli Alta Langa di due cooperative vinicole, che hanno deciso di investire negli ultimi anni nelle “bollicine” Made in Piemonte. È il caso di Cantina Clavesana, cantina cuneese che raggruppa 200 soci su 300 ettari di vigneti. «Il Dolcetto è il vitigno che più ci ha rappresentato, negli anni – commenta il direttore Damiano Sicca – ma di recente, abbiamo scelto l'Alta Langa come prodotto distintivo».

«Stiamo assistendo a una riclassificazione del nostro parco vigneti – continua - che ha portato a una crescita da 5 a 50mila bottiglie, dal 2015 ad oggi. Nel 2011 avevamo 480 ettari di Dolcetto. Oggi siamo a 380. Nello stesso anno, oltre il 90% del vigneto di Cantina Clavesana era piantato a Dolcetto, mentre oggi è al 75%. La differenza è a metà rappresentata dal Langhe Nebbiolo e dall'Alta Langa».

Le new entry alla Prima dell'Alta Langa 

Ingresso nell’Alta Langa ancora più recente per Terre del Barolo, con due etichette della linea VinumVitaEst. Venticinquemila le bottiglie, tra il Blanc de Blancs Brut (Chardonnay in purezza, 30 mesi di affinamento sui lieviti) e l’Extra Brut frutto di una cuvée di Pinot Nero (85%) e Chardonnay (15%).

«Pensiamo che la Langa oggi abbia bisogno di tutelare il patrimonio di biodiversità - commenta per la cantina Gabriele Oderda - . Questa biodiversità, oggi, si ritrova nelle varietà tradizionali e nella ricerca del miglior territorio possibile sulla base della varietà. Il Nebbiolo la fa da padrona ma ha anch'esso territori d'elezione. Altre zone di Langa possono essere messe a frutto con progetti diversi, come quello dell'Alta Langa: un'esplorazione che si spinge ad altezze di 400, 500 metri, con Pinot Nero e Chardonnay».

Chi ha creduto nel progetto del Consorzio sin dagli esordi è Lisa Pecchenino, ultima generazione della cantina di Dogliani (CN). Qui, il focus non è solo sulla crescita della denominazione, ma sulla cifra stilistica dei propri Alta Langa Docg.

«Dalle 8 mila bottiglie del 2014 – spiega la produttrice - col millesimo 2018 raggiungeremo quota 18mila. Ci concentreremo sul Pinot Nero, virando dal legno piccolo al legno grande per la vinificazione, in modo da dare alle nostre basi ancora più personalità e territorialità».

Una denominazione in crescita 

Cresce (e si trasforma) Pecchenino, così come altre piccole realtà del territorio. È il caso dell'Azienda Agricola Terrabianca di Mango (CN), che firma uno degli Alta Langa più interessanti alla “Prima” 2022, per la capacità di espressione del "terroir", a 600 metri di altitudine. «Nel 2016 abbiamo fatto il nostro esordio nell’Alta Langa 2016 - spiega Andrea Alpiste – per poi raggiungere quota 3 mila bottiglie grazie al millesimo 2018. Con il tiraggio 2021 arriveremo a 10 mila». Solo Chardonnay per la prima annata di Terrabianca, oggi affiancato dal Pinot Nero.

Tra i volti noti delle bollicine piemontesi, c’è quello del vignaiolo Fivi Gianmario Cerutti. I numeri degli Alta Langa firmati da Cascina Cerutti raccontano a loro volta la crescita della denominazione.  

«Siamo partiti con 2, 3 mila bottiglie - evidenzia il vignaiolo - e oggi siamo 6 mila. Dal prossimo anno arriveremo a 10mila. Siamo ormai un fenomeno e in una fase magica che non avremmo mai potuto preventivare. Basta dire "Alta Langa" che la gente lo prova e poi lo ricompra, convinta dalla qualità». Se non è “perfezione” questa, poco di manca.

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