Soave, Verdicchio e Amarone Il gusto tradizionale del “bere classico”
Secondo la Treccani, “classico” corrisponde alla definizione di perfetto, eccellente, tale da poter servire come modello di un genere, di un gusto, di una maniera artistica, che forma quindi una tradizione
01 gennaio 2019 | 12:39
di Guido Ricciarelli
La vinificazione in vasche di cemento restituisce in tutta la loro integrità le note primarie della garganega e del trebbiano di Soave. Sorso saporito, fresco, dalla beva ipnotica, apre su note di erbe aromatiche, si espande con nitide tracce agrumate e chiude su rimandi appena accennati di mandorla tostata.
Altra denominazione-faro bianchista e la Castelli di Jesi Verdicchio Classico che trova nella Riserva 2016 di Villa Bucci l’ennesima prova d’autore del suo interprete più sensibile, ovvero Ampelio Bucci. Pienezza, slancio e sapidità perfettamente maritate connotano un assaggio mirabile che si dipana fra deliziose analogie floreali ed una sferzante tensione minerale.
Chiudo con l’Amarone della Valpolicella Classico 2009 Giuseppe Quintarelli. Perfetto come un cerchio, come se ancora il grande Bepi lo sorvegliasse da lassù, si iscrive di diritto nel ristretto novero delle bottiglie memorabili, nelle cui strie di spezie orientali viene naturale abbandonarsi. Di una potenza carezzevole, persistente come pochi, si configura come l’emblema del Classico fra i Classici.
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Alberto Lupini