Coronavirus, il virologo Palù: «Più controlli, quindi più casi»

I controlli estensivi italiani hanno portato alla luce numeri elevati come sono quelli italiani. Ma il virologo tranquillizza: «Questa infezione è meno virulenta di quel che sembra. Il coronavirus non è la Sars»

25 febbraio 2020 | 12:55
Anche Giorgio Palù, virologo dell'Università di Padova, ha detto la sua sull'elevatissimo numero di contagi in Italia rispetto agli altri Stati europei. In accordo con la filosofia del presidente dell'Ordine dei biologi Vincenzo D'Anna, ha spiegato: «In Italia sono stati fatti controlli estensivi e di conseguenza emergono più casi».


Giorgio Palù

Questa è la sua ipotesi, preponderante certo, magari non completamente esaustiva della situazione: potrebbe anche essere che «nel momento critico dell'epidemia a Wuhan qualcosa sia venuto meno nei controlli, altri Paesi sono stati più rigidi sin da subito».

Passando oltre la ragione, Palù invita a prestare attenzione anche ad un altro dato biologico, e cioè che «esistono dei cosiddetti portatori sani. Soggetti che non hanno manifestazioni cliniche e albergano un'alta concentrazione di virus». Per avere un'idea dell'estensione di questa epidemia sarà «essenziale capire quanti sono i casi asintomatici».

Fondamentale o meno riuscire a raggiungere un numero di contagiati il più possibile vicino alla realtà, poco cambierebbe nella definizione di questo virus. Un'infezione, un'epidemia, non certo una pandemia: «Questa infezione è meno virulenta di quello che appare. Il coronavirus non è la Sars, non è la Mers (sindrome respiratoria da coronavirus medio-orientale), non è ebola come mortalità e non è neanche la spagnola del 1918 che ha ammazzato tra i 50 e gli 80 milioni di persone».

Nel frattempo l'epidemia sta scemando in Cina, e questa è un ottima indicazione: «Dobbiamo prima attendere un picco e poi un decremento». È quindi possibile, secondo l'esperto, che questa forma epidemica lentamente si spenga.

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Alberto Lupini


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