Dai supercomputer l'anti-virus? Amoroso (Dompé): Si parla di mesi

La Dompé Farmaceutica è a capo del progetto che coinvolge 18 tra strutture private e istituzioni in Europa. «Stiamo cercando delle molecole che contrastino il coronavirus» , ha rivelato Stefano Amoroso (responsabile comunicazione Dompé) a Italia a Tavola. Si indaga sulle proteine del virus che si conoscono. «Per un risultato ci vorranno mesi»

07 marzo 2020 | 07:27
di Marco Di Giovanni
Mentre il coronavirus dilaga, ad ognuno il suo compito. Alla politica quello di controllare, gestire, arginare; ad ognuno di noi quello di rispettare le misure prese per contribuire a tenere l'epidemia sotto controllo; alla scienza, last but not least, quello di cercare un rimedio. Organizzazioni dedite alla ricerca sono attive da tempo in Cina, recentemente messe in campo anche negli States da Trump (che ha promesso un vaccino a fine estate). L'Europa, però, non si è fatta attendere: il progetto si chiama "Exscalate4CoV", la Commissione Ue l'ha finanziato per 3 milioni di euro, coinvolgendo 18 tra università e istituzioni (buona parte italiane) coordinate dalla Dompé Farmaceutica.


Un rimedio ai coronavirus dai supercomputer

Abbiamo allora parlato con Stefano Amoroso, responsabile delle comunicazioni esterne di Dompé Farmaceutica, che ci ha illustrato nel dettaglio lo scopo del progetto da poco avviato. «Disponiamo di questo software che è una sorta di biblioteca di molecole, la più grande al mondo». Ognuna di queste molecole ha una sua funzione, lo scopo del software è trovare «se ce n'è una che sia più idonea a contrastare il virus».

La ricerca tra le molecole che già si adoperano nel campo farmaceutico ha un suo senso, specialmente dal punto di vista delle tempestiche: «Se devo costruire un farmaco da zero ci metto troppo tempo, ci sono tutte le fasi approvative, bisogna controllarne l'eventualie tossicità». La cosa migliore da fare per un primo step di ricerca è «vedere se tra tutte le molecole oggi in uso per contrastare influenze o simili ve ne sia qualcuna idonea a fermare il coronavirus».


Di questo nuovo virus non si conosce ancora tutto

Un lavoro che richiede tempo ed impegno anche perché di questo nuovo virus «non si conosce ancora tutto». Più nello specifico: «Rispetto alle proteine di cui è composta la superficie di questo virus», le stesse proteine che il virus utilizza per infiltrarsi in una cellula umana, «conosciamo le caratteristiche di 3, massimo 4. Le proteine funzionali sono in totale 6. È proprio rispetto a queste che stiamo cercando qualche target».

Ad oggi «abbiamo già individuato alcune potenziali molecole. Queste molecole» individuate dai supercomputer «vengono testate da tutta la parte clinica del consorzio. Appena qualcuna andrà bene allora la proveremo sulle persone», quest'ultima fase è delegata allo Spallanzani di Roma.


Il progetto è coordinato dalla Dompé Farmaceutica

Quanto è effettivamente pericoloro il coronavirus?
La questione è che, più o meno pericoloso, si tratta di un virus nuovo per l'uomo, è per questo che bisogna prestarci particolare attenzioni. Essendo un agente infettivo che prima non conoscevamo, non possiamo paragonarlo alle normali influenze perché di quelle abbiamo già gli anticorpi. Come tutte le cose nuove, ha un impatto che va gestito. Per fortuna siamo in un Paese dove l'igiene è altissima e la sanità è di altissimo livello, quindi stiamo fronteggiando il virus in maniera molto efficace.

Trump ha garantito dei risultati già a fine estate, è possibile?
Qualcosa che sia testabile sì, ma una cura pronta no. Avere l'idea di un rimedio è qualcosa che si può ottenere nel giro di 6-7 mesi. Ma un conto è avere un'idea, anche un prototipo pronto da testare, un'altra cosa è avere il farmaco pronto e per tutti. Un tempo ragionevole è un anno.

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